Aggiornamento del 28/12/2020
E' stato raggiunto l'accordo tra Ue e Uk che evita un hard brexit con vantaggi e svantaggi; certamente vi saranno limitazioni ai movimenti di persone e merci ma in modalità soft.
Si può già dire che cambia il metodo per la triangolazioni delle merci e i fornitori britannici possono decidere di “registrarsi” ai fini Iva, nominando un rappresentante fiscale in un qualsiasi Stato membro. Una soluzione che resta valida anche dopo l’accordo del 24 dicembre tra Regno Unito e Unione europea e che offre il vantaggio di eseguire nello Stato Ue prescelto l’importazione dei beni provenienti da Uk o da altri Paesi extraUe, così da realizzare poi una cessione intracomunitaria nei confronti del cessionario.
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L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha pubblicato a fine anno la circolare n. 49 del 30 dicembre 2020 (composta da 10 pagine in formato PDF) recante le procedure di esportazione di merci da Uffici doganali nazionali
Facilitazioni e indicazioni operative in vista della Brexit, accompagnata da allegato (dichiarazione di origine preferenziale UE) e FAQ Brexit. Ecco di seguito le FAQ delle Dogane:
Da quando si applica l’accordo commerciale di cooperazione tra UE e UK concordato il 24 dicembre? Si applica, in via provvisoria, dal 1.1.2021 fino al 28 febbraio 2021. Poiché i negoziati si sono conclusi solo in una fase molto tardiva il Consiglio ha adottato una decisione per l’applicazione dell'accordo in via provvisoria a cui seguirà l’iter legislativo previsto dagli ordinamenti dei singoli SSMM per l’entrata in vigore degli accordi internazionali. Nel Regno Unito l’accordo è stato firmato dalla Regina in data 31.12.2020.
Alla luce dell’accordo commerciale di cooperazione tra UE e UK quali adempimenti consentono la non applicazione del dazio nel Regno Unito alle merci di origine UE ivi esportate? Devono essere soddisfatti i requisiti stabiliti dalle regole di origine di cui al Titolo I Capitolo 2 parte II dell’accordo. Nel dettaglio:
➢ la merce esportata deve soddisfare i requisiti per ottenere l’origine UE secondo le regole meglio chiarite nel seguente link: https://trade.ec.europa.eu/access-tomarkets/it/content/guida-rapida-al-lavoro-con-le-norme-di-origine;
➢ la merce esportata deve essere spedita direttamente in UK.
➢ l’esportatore deve fornire una valida attestazione di origine all’importatore UK. A tal fine l’Unione Europea richiede che l’esportatore unionale sia registrato nel sistema REX (per spedizioni di valore fino a 6.000 euro l’attestazione di origine può essere apposta direttamente in fattura).
Nelle more dell’introduzione della nuova piattaforma unionale REX, tenuto conto dei tempi attualmente necessari per la registrazione in questione, gli operatori economici non ancora registrati su REX potranno indicare nella dichiarazione allegata alla circolare 49/2020 il codice EORI unitamente al proprio indirizzo completo da inserire nel campo “luogo e data”, salvo l’aggiornamento del dato non appena ottenuto il codice di registrazione. Si rammenta che la conoscenza dell’origine unionale dimostrata dall’importatore UK rappresenta una ulteriore condizione per la attestazione in questione.
In quale Ufficio doganale può essere effettuata una operazione di esportazione? L’ufficio competente per l’esportazione è individuato in base al luogo in cui è stabilito l’esportatore. Qualora sia necessario identificare un ufficio di esportazione diverso dal suddetto lo stesso dovrà essere individuato all’interno del territorio nazionale.
È consentita la presentazione della dichiarazione di esportazione presso gli Uffici in cui le merci sono imballate o imbarcate (in un porto o aeroporto nazionale) ovvero caricate per l’esportazione (a mezzo strada o ferrovia)? Si purché si tratti di ufficio doganale nazionale.
È previsto il mutuo riconoscimento delle autorizzazioni AEO? L’accordo commerciale prevede l’applicazione di quanto stabilito dallo specifico accordo di mutuo riconoscimento dell’AEO a partire dal 1° gennaio 2021. In particolare tale riconoscimento è previsto limitatamente ai titolari di Autorizzazioni AEO security. Ne consegue che il riconoscimento si applica anche ai titolari di AEO full ma non ai titolari di AEO Customs.
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di seguito la situazione senza l'accordo raggiunto:
A partire dalla mezzanotte del 31 dicembre 2020, con la fine del periodo transitorio, il Regno Unito uscirà definitivamente dal territorio doganale e fiscale dell'Unione europea. Un cambiamento dai notevoli riflessi giuridici, economici, doganali e fiscali, che comporterà nuovi adempimenti e nuove procedure per le aziende a cui possiamo dare risposta con l'aiuto del nostro doganalista di Padova.
Il primo aspetto da considerare si lega al fatto che la circolazione dei beni verrà considerata commercio con un Paese terzo, sia sotto il profilo doganale che per l'IVA e le accise.
Con il ritorno delle frontiere, le vendite di beni verso il Regno Unito non rappresenteranno più cessioni intracomunitarie, ma saranno soggette alle regole proprie dell'esportazione doganale, mentre gli acquisti di beni materiali dal Regno Unito daranno luogo a operazioni di importazione, con conseguente assolvimento dell'IVA in dogana.
In questo contesto, è importante rimarcare che, anche nel caso in cui si raggiungesse un accordo di libero scambio, la dinamica delle operazioni da e verso il Regno Unito cambierebbe comunque: il tanto atteso accordo, infatti, potrebbe ridurre o azzerare i dazi doganali, ma non escluderebbe l'applicazione delle procedure doganali, né l'assolvimento dell'IVA e delle accise in dogana al momento dell'importazione.
Di conseguenza, anche nel caso in cui si scongiurasse il “no-deal”, la Brexit determinerà comunque significative conseguenze giuridiche, finanziarie e operative, anche in termini di maggiori costi e tempi, per le oltre 50.000 imprese italiane che operano stabilmente con il Regno Unito e che, finora, non hanno mai svolto operazioni doganali con Paesi extra-UE.
Gli effetti della fine del periodo transitorio sulle merci
Dal 1° gennaio 2021 avverrà un cambiamento radicale nella posizione doganale delle merci, nella definizione del perimetro del territorio UE e nelle procedure doganali applicabili.
E infatti, se fino alla fine del periodo transitorio i beni che si trovano fisicamente nel Regno Unito sono considerati merci unionali, a partire dalla mezzanotte del 31 dicembre 2020, tali prodotti acquisiranno automaticamente lo status doganale di merce estera, con la conseguenza che se saranno trasferiti alla frontiera europea saranno soggetti alle procedure doganali e ai dazi di importazione.
La Commissione europea, nella nota di orientamento rivolta agli operatori del settore delle dogane, ha precisato che le merci unionali che circolano dal Regno Unito verso l'Unione, o viceversa, possono ancora essere trattate come movimento intracomunitario, a condizione che si dimostri che i beni hanno posizione doganale unionale e che gli spostamenti sono iniziati prima della fine del periodo di transizione e si sono conclusi successivamente, mediante un documento di trasporto o un qualsiasi altro documento che indichi la data di inizio dello spostamento (art. 47 Withdrawal Agreement).
Le conseguenze per chi esporta verso il Regno Unito
Posto che le cessioni di beni verso il Regno Unito non saranno più cessioni intracomunitarie, tracciabili soltanto con un documento di trasporto, bensì esportazioni doganali, gli operatori economici dovranno essere in grado di compilare una dichiarazione doganale di esportazione, indicando la classifica, l'origine doganale e il valore della merce.
Si tratta di un cambiamento estremamente significativo per gli esportatori, non tanto per gli adempimenti in sé, che normalmente sono delegati a un rappresentante doganale, quanto per le informazioni che sono necessarie per poterli eseguire, tenendo conto che, a fronte di un'errata dichiarazione doganale, l'esportatore potrebbe incorrere in una responsabilità di ordine penale, per esempio dichiarando che il prodotto è “made in Italy” quando in realtà, da punto di vista doganale, non può considerarsi tale.
È fondamentale, infatti, conoscere le caratteristiche essenziali del prodotto e il corretto incasellamento in una delle 9.500 voci della Nomenclatura combinata dell'Unione europea, al fine di indicare la corretta classificazione della merce. Inoltre, è opportuno valutare attentamente l'origine doganale delle materie prime e dei semilavorati che compongono il prodotto, nonché analizzare le lavorazioni che hanno contribuito al risultato finale. Le aziende, pertanto, dovranno controllare la propria supply chain e verificare, caso per caso, le regole di origine applicabili.
Per procedere alla movimentazione verso il Regno Unito, si renderà necessaria una dichiarazione doganale di esportazione, tramite un rappresentante doganale, unitamente ai documenti commerciali e alle licenze, autorizzazioni o titoli eventualmente richiesti per quella tipologia di prodotto. Se non già provvisti, gli operatori dovranno richiedere il numero di identificazione Eori, necessario per le operazioni doganali. L'operazione di esportazione si perfeziona con l'attestazione di “uscita conclusa”, prodotta dal sistema informatico AIDA dell'AD, che vale a dimostrare l'esportazione avvenuta, anche ai fini del riconoscimento del regime di non imponibilità IVA.
Nel Regno Unito i prodotti europei saranno soggetti alle procedure doganali di importazione, anche se, nei primi sei mesi, Londra ha previsto di ridurre al minimo le formalità, proprio per scongiurare colli di bottiglia e il formarsi di lunghissime code ai punti di frontiera. Come emerge dal Border Operating Model, infatti, soltanto a partire dal luglio 2021 i prodotti in arrivo dall'Unione europea saranno trattati come merce di origine “Paese terzo” e, pertanto, soggetti agli ordinari controlli doganali alle frontiere inglesi, nonché, in caso di mancato accordo, alle tariffe daziarie applicate dal Regno Unito.
Le conseguenze per chi importa dal Regno Unito
Gli operatori economici che importano prodotti provenienti dal Regno Unito dovranno compilare una dichiarazione doganale di importazione, indicando l'esatta classificazione doganale del prodotto, con la specifica delle 10 cifre della tariffa doganale comune dell'UE, nonché l'origine e il valore della merce. I beni provenienti dal Regno Unito saranno trattati come prodotti provenienti da Paesi extra UE, pertanto dovranno essere immessi in libera pratica e saranno soggetti alle regole di accertamento proprie delle operazioni doganali. Gli importatori, se non già provvisti, dovranno dotarsi di un codice di identificazione Eori e, inoltre, dovranno assolvere l'IVA in dogana e, nel caso in cui non si raggiunga un Accordo di libero scambio, gli eventuali dazi.
La trasformazione delle operazioni da acquisti intracomunitari a importazioni comporta, dal punto di vista IVA, significative conseguenze finanziarie. Mentre con l'acquisto intra-UE si realizza un'operazione neutra dal punto di vista finanziario, essendo l'imposta assolta mediante reverse charge, per le operazioni doganali l'IVA deve essere assolta in dogana, salvo l'utilizzo di un deposito IVA o doganale.
Il passaggio dalle regole proprie dell'acquisto intracomunitario all'importazione doganale comporta, inoltre, una serie di obblighi dichiarativi dalle rilevanti conseguenze. È fondamentale la corretta compilazione della dichiarazione, anche se delegata a un doganalista o a una casa di spedizioni, considerato che eventuali errori comportano conseguenze, economiche e sanzionatorie, direttamente in capo all'impresa, nonché eventuali responsabilità di natura penale.
Infine, occorre ricordare che ai prodotti UK si applicherà la normativa UE, relativa a tutti i controlli e le verifiche del rispetto delle norme doganali, sanitarie e fitosanitarie.
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A decorrere dal 01/01/2021, le norme dell'Unione nel settore doganale non si applicheranno più al Regno Unito, il quale sarà considerato come qualsiasi altro paese terzo con il quale l'UE non ha alcun rapporto commerciale preferenziale, accordo doganale o di altro tipo. Non saranno quindi concesse preferenze neanche alle merci provenienti dai Paesi e Territori d'oltremare che hanno relazioni particolari con il Regno Unito e sono elencati nell'allegato II del TFUE (PTOM del Regno Unito). A partire da tale data, al Regno Unito si applicheranno le opportune norme doganali, tra cui la tariffa doganale comune e le misure di politica commerciale dell'UE. Inoltre, il Regno Unito non avrà più accesso come Stato membro ai sistemi informatici doganali dell'UE ma soltanto a taluni sistemi informatici doganali relativi all'NCTS in qualità di Stato aderente alla convenzione relativa ad un regime comune di transito. Gli operatori economici che intendono trasportare merci nel Regno Unito (che si tratti di cessione di beni o invio in conto lavoro o conto visione) devono presentare una dichiarazione doganale di esportazione da trasmettere per via telematica all’ufficio doganale competente in relazione al luogo in cui l’esportatore è stabilito o a quello in cui le merci sono caricate o imballate per l’esportazione. Dall’altro lato, gli operatori economici che intendono far arrivare merci dal Regno Unito a qualsiasi titolo (acquisto, conto visione o conto lavoro) devono presentare le merci con una dichiarazione doganale di importazione (o altro regime doganale sospensivo) da trasmettere per via telematica all’ufficio doganale competente in relazione al luogo in cui le stesse sono presentate. Per poter effettuare operazioni che richiedono formalità doganali conformemente alle norme previste dal Codice Doganale dell'Unione (“CDU”), gli operatori economici stabiliti nel territorio doganale dell’Unione, che ancora non vi abbiano provveduto, sono tenuti a registrarsi presso le autorità doganali dello Stato membro competenti per il luogo in cui sono stabiliti e a richiedere, anche prima della data del recesso, l’attribuzione del numero di registrazione e identificazione degli operatori economici (EORI - Economic Operator Registration and Identification, in Italia per i titolari di partita IVA, il codice EORI è composto dal codice identificativo dello Stato membro che lo rilascia “IT” seguito dalla partita IVA, mentre per i soggetti non titolari di partita IVA, il codice “IT” è seguito dal codice fiscale).
Brexit: impatti Iva
Cessione, acquisto e trasferimento di beni a e da UK La disciplina IVA intercorrente tra Italia e UK non sarà più quella unionale; gli scambi fra Italia e UK saranno quindi scambi internazionali e non intracomunitari. A
i fini IVA italiani la qualificazione di UK quale paese extra UE dovrebbe comportare effetti diretti e indiretti, tra i quali il principale è costituito dalla riqualificazione di tutte le operazioni di trasferimento di beni (cessioni, acquisti e conto lavoro/visione), da e per il Regno Unito, che acquisiranno la natura di importazioni/esportazioni.
Le cessioni di merci spedite verso il Regno Unito non costituiranno più cessioni intracomunitarie non imponibili ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331/93, convertito in L. n. 427/93. Analogamente, gli acquisti di merci provenienti dal Regno Unito non costituiranno più acquisti intracomunitari ai sensi dell’art. 38 del D.L. n. 331/93 suddetto. I beni introdotti nel territorio IVA dell'Unione in provenienza dal Regno Unito o destinati a uscire da detto territorio per essere trasportati verso il Regno Unito saranno pertanto soggetti a vigilanza doganale e potranno essere soggetti a controlli doganali. Cessioni di beni verso il Regno Unito Le cessioni di beni effettuate da un soggetto Iva italiano nei confronti di un operatore economico stabilito nel Regno Unito saranno considerate non più cessioni intracomunitarie ma esportazioni e in quanto tali, saranno assoggettate alla relativa disciplina giuridica e fiscale. Le cessioni di merci a un soggetto stabilito nel Regno Unito rappresenteranno operazioni non imponibili ai fini Iva ex art. 8, D.P.R. 633/1972 e la loro spedizione fuori dal territorio doganale Ue sarà assoggettata alle formalità doganali previste per le esportazioni. Le stesse concorreranno inoltre alla costituzione del c.d. “plafond Iva”. Per poter beneficiare della non imponibilità Iva il fornitore dei beni esportati deve essere in grado di provare che essi hanno lasciato l'Unione (mediante conservazione della dichiarazione doganale e relativo appuramento del codice MRN) mentre, ai fini dell’applicabilità del regime di non imponibilità, perderà di rilevanza l’iscrizione dell’operatore economico al VIES.
Per le operazioni di trasferimento di beni appartenenti a soggetti passivi italiani in (propri) depositi siti in UK, tali operazioni non danno luogo ad una «cessione all’esportazione», ma ad una mera esportazione doganale, pertanto non saranno considerate come operazioni non imponibili, e quindi non concorreranno né alla formazione del plafond, né alla qualifica del soggetto cedente come esportatore abituale.
Prova della cessione Prova della cessione intra UE, in linea generale: ➢ documento o lettera CMR con la firma del trasportatore che ha preso in carico la merce); ➢ polizza di carico; ➢ fattura di trasporto aereo; ➢ fattura emessa dallo spedizioniere; ➢ polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o del trasporto dei beni; ➢ documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione; ➢ ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale stato membro; ➢ dichiarazione con la quale il cliente certifichi che la merce è giunta nel Paese di destinazione.
Scenario Post-brexit Prova dell’esportazione (a seconda delle fattispecie non considerando le casistiche particolari): ➢ documento doganale (MRN risultato di uscita); ➢ vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura (triangolari); Prove alternative Come nel caso del documento attestante il pagamento, documenti di trasporto (es: AWB), bolletta di import nel Paese di destinazione. Servizi Per le prestazioni di servizi generici la regola di territorialità (paese di stabilimento del committente) resta invariata. Ugualmente invariata la regola di territorialità (paese dove è situato il bene immobile) prevista per le prestazioni di servizi relativi a beni immobili.
Le regole di territorialità sulle prestazioni rese da un operatore residente in uno Stato UE ad un committente residente in UK, pertanto, non subiranno modifiche significative salvo il fatto che la fattura dovrà contenere la dicitura “operazione non soggetta” (e non più “inversione contabile”) di cui all’art. 21, comma 6-bis, lett b) del D.P.R. 633/72. Dall’altro lato, l’Iva sulle prestazioni di servizio ricevute da un prestatore stabilito nel regno Unito a committente stabilito in Italia sarà assolta da quest’ultimo, attraverso meccanismo dell’autofattura e non più attraverso quello dell’integrazione della fattura, prevista per gli acquisti di servizi generici resi da prestatore stabilito in uno Stato membro UE. Si tenga presente che anche in questo caso (al pari delle cessioni e gli acquisti di beni) decadrà anche l’obbligo di dichiarare tali operazioni ai fini degli elenchi Intrastat. L’obbligo dell’indicazione nell’esterometro, infine, dovrebbe poi essere fatta confluire nella fatturazione elettronica dal Legislatore italiano.
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