Adeguati assetti organizzativi: il mondo delle piccole imprese 12/06/2023
come configurare gli indici di equilibrio economico-finanziario e il preventivo dei flussi di cassa affinché risultino fattibili anche nelle piccole imprese mantenendo tuttavia, il livello minimo imprescindibile di rigore e affidabilità, senza i quali le rilevazioni risultano inaffidabili quindi inutili.
Introduzione
I tre tipi di rilevazioni esplicitamente o implicitamente previsti dalla normativa vigente per contrastare il rischio di crisi e, più in generale, perché gli amministratori possano “agire in modo informato”, e cioè:
- gli indici di equilibrio economico-finanziario della gestione d'impresa;
- i preventivi dei flussi di cassa;
- i segnali specifici riguardanti i debiti scaduti
sono una pietra miliare lungo il faticoso cammino delle imprese verso l'adozione di adeguati assetti organizzativi e, in particolare, verso qualcosa che rassomigli a un sistema di Pianificazione e controllo di gestione.
Questa constatazione, ovviamente, non vale per le grandi imprese e neanche per quelle medie che hanno varcato la soglia di una gestione autenticamente manageriale. Vale invece per le numerosissime piccole imprese che popolano il panorama economico italiano e che molto spesso si affidano ad esperienza e qualità innate degli imprenditori, sperando che queste doti consentano di ovviare alla navigazione a vista a cui sono condannate dalla povertà dei loro strumenti di monitoraggio della gestione, spesso riconducibili a poche rilevazioni disorganizzate, adatte al controllo “operativo”, ma insufficienti al controllo “direzionale”.
Le ragioni di questo panorama, abbastanza facilmente osservabile, sono molteplici e degne di attenzione: scarsa disponibilità di mezzi finanziari per sostenere i costi di un vero sistema di controllo di gestione, da un lato, e carenze organizzative e di cultura manageriale, dall'altro, sono al primo posto. Non tenere conto di questa realtà significherebbe formulare auspici e speranze di crescita destinati a rimanere lettera morta.
Si tratta piuttosto di ipotizzare, per le realtà che qui definiamo “piccole” (tralasciando quelle “minori”, oggettivamente al di fuori del perimetro manageriale) un approccio “adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa”, come del resto riconosce lo stesso art.2086 CC
Proviamo qui di seguito ad abbozzare alcune ipotesi di adeguamento delle rilevazioni alla realtà di imprese piccole, ma nello stesso tempo dotate di quel minimo di strumentazione (in particolare contabilità ordinaria e bilancio d'esercizio) occorrente per iniziare un percorso di controllo di gestione o rafforzarlo.
Il sistema di rilevazioni
Per la maggioranza di tali imprese si manifesta una situazione che, almeno per alcuni versi, è paragonabile a quella che caratterizza gli analisti esterni (banche o altri soggetti), che devono capire il grado di solvibilità dell'azienda e non dispongono di informazioni strutturate e sistematiche diverse da quelle ricavabili dal bilancio d'esercizio. La similitudine con gli analisti esterni è dovuta al fatto che la piccola impresa non dispone di un budget, pur possedendo la base informativa sottostante, perché non è in grado di cogliere compiutamente le conseguenze future:
- della situazione in essere;
- delle decisioni già prese, ma ancora da attuare;
- di decisioni e fatti nuovi.
Le riflessioni che seguono riguardano in special modo i due strumenti “evoluti” del sistema di rilevazioni, implicitamente previsti anche dalla norme del codice civile e del codice della crisi d'impresa: gli indici di equilibrio economico-finanziario e il preventivo dei flussi di cassa del prossimo anno. La questione principale è: come configurarli perché risultino nello stesso tempo fattibili anche nelle piccole imprese e perché posseggano quel minimo di rigore e affidabilità, senza i quali la linea di confine tra fare le cose male e non fare nulla è molto tenue.
Elenchiamo alcune difficoltà che possono ostacolare seriamente la fattibilità del sistema di rilevazioni in questione e, in parallelo, alcune ipotesi di semplificazione del problema.
In primo luogo, l'impegno richiesto per individuare, calcolare e interpretare gli indici di equilibrio economico-finanziario globale d'impresa può costituire un ostacolo al monitoraggio in oggetto. La gamma degli indici possibili è molto ampia (e le prassi bancarie per concedere finanziamenti hanno contribuito ad estenderla oltre il necessario). Inoltre ognuno di essi può essere calcolato in modi diversi. Infine, l'interpretazione richiede solide conoscenze di economia aziendale, non sempre abbondanti nel contesto di cui stiamo parlando.
Si tratta allora:
a) di ridurne il numero, distinguendoli nelle tre grandi prospettive della redditività, liquidità e solidità patrimoniale. Cinque o sei indici potrebbero essere in molti casi sufficienti: tra questi, in primis, il ROE, il ROI, l'indice di liquidità, quello di solidità patrimoniale e pochi altri;
b) di calcolarli senza spingersi in analisi contabili tanto sofisticate quanto inutili, lasciando alla fase dell'interpretazione i distinguo e le precisazioni eventualmente necessari;
c) di interpretarli analizzandone i driver e ricordando sempre che profilo economico-reddituale e profilo finanziario-patrimoniale sono strettamente collegati e che il “valore aggiunto” degli indici è la visione d'insieme che danno dell'impresa.
La previsione dei flussi di cassa
In secondo luogo, la previsione dei flussi di cassa dei prossimi dodici mesi e, a maggior ragione, quella di periodi futuri pluriennali, richiede presupposti metodologici e conoscenze economico-aziendali piuttosto evoluti, se non si vuole che diventi uno sterile esercizio di proiezione nel futuro di tendenze passate, oppure una quantificazione monetaria di impressioni, esperienze, speranze. Tali presupposti attengono alla capacità di formulare stime di mercato attendibili e programmi realistici, da tradurre alla fine nei numeri del preventivo economico e di quello finanziario di cassa. Per questa seconda tipologia di strumenti, il bilancio d'esercizio, pur essendo necessario, è largamente insufficiente. Tuttavia, dato che ogni processo di preventivazione e di budgeting (e di planning) parte dai ricavi e costi della gestione operativa, molti elementi utili si possono ricavare dal bilancio stesso, a cominciare dal conto economico, purché si tenga presente che i singoli valori vanno analizzati nei loro driver o determinanti (cioè bisogna sapere da che cosa dipendono), per chiarire se e come nel prossimo esercizio varieranno.
Tali presupposti sembrano (e a volte sono) al di fuori della portata di molte piccole imprese, ma, non fosse altro che per rispettare le prescrizioni della normativa esistente, dovrebbero gradualmente entrare a far parte della cultura e della prassi operativa aziendale. A nostro avviso, una previsione realistica di grandezze economiche e finanziarie dei successivi dodici mesi non è un'impresa impossibile, anche perché di regola le piccole imprese sono assistite da professionisti il cui know-how, originariamente tecnico-contabile, si evolve sempre di più in una direzione che potremmo definire “gestionale”.
La frequenza delle rilevazioni
Un problema, piuttosto evidente anche a livello di Codice della crisi, riguarda la periodicità e frequenza delle rilevazioni. Il Codice, quando definisce la “crisi”, specificando che “si manifesta con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”, e quando stabilisce che misure e assetti organizzativi devono consentire di verificare “la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi”, non dice esplicitamente ogni quanto tempo svolgere le attività di rilevazione e monitoraggio in questione. Tuttavia è da ritenere che si tratti di verifiche non sporadiche, che oltretutto ad ogni check richiederebbero ri-previsioni aventi sempre davanti un orizzonte temporale annuale, il che implica un approccio per così dire “rolling”.
È evidente che la piccola impresa, anche ammesso che sia in grado prevedere i propri flussi di cassa annuali, non può farlo con una frequenza elevata. D'altro canto, una cadenza annuale potrebbe rivelarsi eccessiva ai fini del monitoraggio precoce della crisi. Conviene piuttosto fare riferimento ai “segnali” previsti dal Codice della crisi in merito ai debiti scaduti e ad altri utili allo scopo. Per questi un monitoraggio frequente è più fattibile, purché sia adeguatamente supportato a livello di programmi gestionali. In questo modo, un segnale d'allarme può essere colto abbastanza agevolmente e tempestivamente e può dare l'avvio a verifiche più sistematiche, del tipo di quelle consentite dal preventivo di cassa o di liquidità. Quest'ultimo potrebbe quindi essere redatto, oltre che a intervalli regolari annuali, quando la posizione debitoria ne fa ravvisare la necessità. L'alternativa a questo approccio è la continua riformulazione, ad esempio ogni mese, del preventivo di cassa, con un approccio “rolling”.
In conclusione
L'aver sottolineato le difficoltà cui una piccola impresa può andare incontro quando intende dotarsi di strumenti per il monitoraggio dei segnali di crisi o, più in generale, per controllare sistematicamente l'andamento della gestione è doveroso, ma non deve essere una scusa per continuare a navigare a vista. Le conoscenze metodologiche, come già ricordato, si stanno diffondendo presso i professionisti che assistono le imprese. Ma non solo. Tali conoscenze possono avvalersi di supporti operativi di calcolo e analisi il cui costo non rappresenta un ostacolo insormontabile per le piccole imprese. Si pensi ad applicativi ampiamente diffusi (Excel su tutti) e ai tools di business intelligence (Power BI, per restare nel mondo Microsoft, ma molti altri ne esistono) dalle notevoli potenzialità proprio nell'ottica che ha formato oggetto di questo articolo.
In definitiva: le competenze metodologiche si stanno diffondendo; gli strumenti operativi esistono; la legge lo richiede. Gli alibi sono finiti.
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