Stipendio troppo basso: la Cassazione apre alla retribuzione dignitosa oltre i limiti dei CCNL (2025)
Dott. Massimo Cavallari – Commercialista da oltre 25 anni, iscritto al n.932/A Padova ed Esperto de Il Sole 24 Ore
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Due sentenze della Cassazione rivoluzionano i CCNL: il giudice può disapplicarli se lo stipendio non assicura una vita dignitosa, come impone l’art. 36 della Costituzione.
Retribuzione e dignità: la svolta della Cassazione
Per decenni i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) hanno rappresentato la misura “automatica” della giusta retribuzione prevista dall’articolo 36 della Costituzione. Bastava che il datore di lavoro corrispondesse lo stipendio previsto dal contratto collettivo per considerarlo proporzionato e sufficiente.
Oggi, con le sentenze n. 28230/2023 e n. 27711/2023, la Corte di Cassazione ha demolito questa presunzione. I giudici affermano che l’applicazione del CCNL costituisce solo una presunzione relativa: se lo stipendio non consente al lavoratore di vivere dignitosamente, il magistrato può disapplicare il contratto collettivo e imporre un trattamento economico più alto, in diretta applicazione dell’art. 36 Cost.
In altre parole, la “giusta retribuzione” non è più una cifra fissa stabilita dai sindacati, ma un valore costituzionale sostanziale che deve garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
L’Italia dei 946 contratti e il lavoro povero
Nelle motivazioni delle sentenze, la Cassazione fotografa un quadro allarmante: in Italia il fenomeno del lavoro povero è esploso.
Le cause principali individuate sono:
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la frammentazione sindacale e la proliferazione dei contratti “pirata”;
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i 946 contratti collettivi censiti dal CNEL nel solo settore privato;
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i ritardi nei rinnovi contrattuali;
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la perdita di potere d’acquisto dovuta all’inflazione.
Ne consegue che lavoratori con mansioni identiche possono ricevere stipendi molto diversi a seconda del contratto applicato. La Suprema Corte definisce questo scenario una vera e propria “giungla normativa”, in cui la tutela costituzionale della retribuzione rischia di diventare lettera morta.
Cosa può fare ora il giudice: parametri e strumenti concreti
La Cassazione attribuisce ai magistrati un potere di verifica sostanziale mai riconosciuto prima.
Il giudice, se ritiene insufficiente la paga prevista dal contratto applicato, può:
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Applicare un CCNL diverso, firmato da organizzazioni sindacali più rappresentative;
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Fare riferimento a parametri oggettivi, come la soglia di povertà ISTAT, gli importi della NASpI o della Cassa Integrazione Guadagni;
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Stabilire autonomamente una retribuzione dignitosa, motivando la decisione in base ai principi costituzionali.
Si tratta di un potere straordinario che nasce dal primato della Costituzione su qualsiasi accordo privato.
Il collegamento con il diritto europeo e i contratti pubblici
L’orientamento della Cassazione è perfettamente allineato alla Direttiva UE 2022/2041 sui salari minimi adeguati, che chiede agli Stati membri di garantire compensi “in grado di assicurare un tenore di vita dignitoso, anche in relazione alla partecipazione culturale e sociale”.
Le sentenze estendono questi principi anche:
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al Terzo Settore (art. 16 del D.Lgs. 117/2017);
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ai contratti pubblici (art. 11 del D.Lgs. 36/2023, nuovo Codice Appalti).
Ciò significa che anche nei lavori finanziati con fondi pubblici, il giudice potrà intervenire se la retribuzione risulta insufficiente a garantire la dignità del lavoratore.
Un nuovo equilibrio tra economia e diritti
In un contesto di inflazione elevata e contratti fermi da anni, questa pronuncia rappresenta una svolta di giustizia sociale.
La politica discute ancora del salario minimo, ma i tribunali stanno già applicando la Costituzione caso per caso, trasformando l’articolo 36 da principio teorico a strumento concreto di tutela economica e morale del lavoratore.
Per imprese e professionisti sarà fondamentale adeguare i propri modelli retributivi, garantendo non solo la conformità ai contratti collettivi, ma anche il rispetto sostanziale della dignità personale ed economica del dipendente.
Fonti normative
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Corte di Cassazione, sentenze n. 28230/2023 e n. 27711/2023
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Art. 36 Costituzione Italiana – Gazzetta Ufficiale
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Direttiva UE 2022/2041 del Parlamento Europeo
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D.Lgs. 117/2017, Codice del Terzo Settore – MEF
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D.Lgs. 36/2023, nuovo Codice Appalti – Gazzetta Ufficiale
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Dati CNEL sui contratti collettivi nazionali
FAQ – Retribuzione dignitosa e CCNL
Che cosa cambia con le nuove sentenze della Cassazione?
Il giudice può disapplicare il CCNL se la paga non consente una vita dignitosa, anche se formalmente corretta.
Un lavoratore può chiedere un aumento anche se il datore applica il CCNL?
Sì, se dimostra che il reddito non garantisce il livello minimo di dignità previsto dall’art. 36 Cost.
Come si misura la “vita dignitosa”?
La Cassazione indica soglie ISTAT e parametri oggettivi come riferimento per valutare la sufficienza del reddito.
Vale anche per il pubblico impiego o il Terzo Settore?
Sì. Le sentenze estendono la verifica anche ai contratti pubblici e al Terzo Settore.
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