Brexit: impatti doganali dal 2021

Brexit: impatti doganali dal 2021                                                                                                          Padova 15/12/20

A decorrere dal 01/01/2021, le norme dell'Unione nel settore doganale non si applicheranno più al Regno Unito, il quale sarà considerato come qualsiasi altro paese terzo con il quale l'UE non ha alcun rapporto commerciale preferenziale, accordo doganale o di altro tipo. Non saranno quindi concesse preferenze neanche alle merci provenienti dai Paesi e Territori d'oltremare che hanno relazioni particolari con il Regno Unito e sono elencati nell'allegato II del TFUE (PTOM del Regno Unito). A partire da tale data, al Regno Unito si applicheranno le opportune norme doganali, tra cui la tariffa doganale comune e le misure di politica commerciale dell'UE. Inoltre, il Regno Unito non avrà più accesso come Stato membro ai sistemi informatici doganali dell'UE ma soltanto a taluni sistemi informatici doganali relativi all'NCTS in qualità di Stato aderente alla convenzione relativa ad un regime comune di transito. Gli operatori economici che intendono trasportare merci nel Regno Unito (che si tratti di cessione di beni o invio in conto lavoro o conto visione) devono presentare una dichiarazione doganale di esportazione da trasmettere per via telematica all’ufficio doganale competente in relazione al luogo in cui l’esportatore è stabilito o a quello in cui le merci sono caricate o imballate per l’esportazione. Dall’altro lato, gli operatori economici che intendono far arrivare merci dal Regno Unito a qualsiasi titolo (acquisto, conto visione o conto lavoro) devono presentare le merci con una dichiarazione doganale di importazione (o altro regime doganale sospensivo) da trasmettere per via telematica all’ufficio doganale competente in relazione al luogo in cui le stesse sono presentate. Per poter effettuare operazioni che richiedono formalità doganali conformemente alle norme previste dal Codice Doganale dell'Unione (“CDU”), gli operatori economici stabiliti nel territorio doganale dell’Unione, che ancora non vi abbiano provveduto, sono tenuti a registrarsi presso le autorità doganali dello Stato membro competenti per il luogo in cui sono stabiliti e a richiedere, anche prima della data del recesso, l’attribuzione del numero di registrazione e identificazione degli operatori economici (EORI - Economic Operator Registration and Identification, in Italia per i titolari di partita IVA, il codice EORI è composto dal codice identificativo dello Stato membro che lo rilascia “IT” seguito dalla partita IVA, mentre per i soggetti non titolari di partita IVA, il codice “IT” è seguito dal codice fiscale).

Brexit: impatti Iva

Cessione, acquisto e trasferimento di beni a e da UK La disciplina IVA intercorrente tra Italia e UK non sarà più quella unionale; gli scambi fra Italia e UK saranno quindi scambi internazionali e non intracomunitari. A

i fini IVA italiani la qualificazione di UK quale paese extra UE dovrebbe comportare effetti diretti e indiretti, tra i quali il principale è costituito dalla riqualificazione di tutte le operazioni di trasferimento di beni (cessioni, acquisti e conto lavoro/visione), da e per il Regno Unito, che acquisiranno la natura di importazioni/esportazioni.

Le cessioni di merci spedite verso il Regno Unito non costituiranno più cessioni intracomunitarie non imponibili ai sensi dell’art. 41 del D.L. n. 331/93, convertito in L. n. 427/93. Analogamente, gli acquisti di merci provenienti dal Regno Unito non costituiranno più acquisti intracomunitari ai sensi dell’art. 38 del D.L. n. 331/93 suddetto. I beni introdotti nel territorio IVA dell'Unione in provenienza dal Regno Unito o destinati a uscire da detto territorio per essere trasportati verso il Regno Unito saranno pertanto soggetti a vigilanza doganale e potranno essere soggetti a controlli doganali. Cessioni di beni verso il Regno Unito Le cessioni di beni effettuate da un soggetto Iva italiano nei confronti di un operatore economico stabilito nel Regno Unito saranno considerate non più cessioni intracomunitarie ma esportazioni e in quanto tali, saranno assoggettate alla relativa disciplina giuridica e fiscale. Le cessioni di merci a un soggetto stabilito nel Regno Unito rappresenteranno operazioni non imponibili ai fini Iva ex art. 8, D.P.R. 633/1972 e la loro spedizione fuori dal territorio doganale Ue sarà assoggettata alle formalità doganali previste per le esportazioni. Le stesse concorreranno inoltre alla costituzione del c.d. “plafond Iva”. Per poter beneficiare della non imponibilità Iva il fornitore dei beni esportati deve essere in grado di provare che essi hanno lasciato l'Unione (mediante conservazione della dichiarazione doganale e relativo appuramento del codice MRN) mentre, ai fini dell’applicabilità del regime di non imponibilità, perderà di rilevanza l’iscrizione dell’operatore economico al VIES.

Per le operazioni di trasferimento di beni appartenenti a soggetti passivi italiani in (propri) depositi siti in UK, tali operazioni non danno luogo ad una «cessione all’esportazione», ma ad una mera esportazione doganale, pertanto non saranno considerate come operazioni non imponibili, e quindi non concorreranno né alla formazione del plafond, né alla qualifica del soggetto cedente come esportatore abituale.

Prova della cessione Prova della cessione intra UE, in linea generale: documento o lettera CMR con la firma del trasportatore che ha preso in carico la merce); polizza di carico; fattura di trasporto aereo; fattura emessa dallo spedizioniere; polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o del trasporto dei beni; documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione; ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale stato membro; dichiarazione con la quale il cliente certifichi che la merce è giunta nel Paese di destinazione.

Scenario Post-brexit Prova dell’esportazione (a seconda delle fattispecie non considerando le casistiche particolari): documento doganale (MRN risultato di uscita); vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura (triangolari); Prove alternative Come nel caso del documento attestante il pagamento, documenti di trasporto (es: AWB), bolletta di import nel Paese di destinazione. Servizi Per le prestazioni di servizi generici la regola di territorialità (paese di stabilimento del committente) resta invariata. Ugualmente invariata la regola di territorialità (paese dove è situato il bene immobile) prevista per le prestazioni di servizi relativi a beni immobili.

Le regole di territorialità sulle prestazioni rese da un operatore residente in uno Stato UE ad un committente residente in UK, pertanto, non subiranno modifiche significative salvo il fatto che la fattura dovrà contenere la dicitura “operazione non soggetta” (e non più “inversione contabile”) di cui all’art. 21, comma 6-bis, lett b) del D.P.R. 633/72. Dall’altro lato, l’Iva sulle prestazioni di servizio ricevute da un prestatore stabilito nel regno Unito a committente stabilito in Italia sarà assolta da quest’ultimo, attraverso meccanismo dell’autofattura e non più attraverso quello dell’integrazione della fattura, prevista per gli acquisti di servizi generici resi da prestatore stabilito in uno Stato membro UE. Si tenga presente che anche in questo caso (al pari delle cessioni e gli acquisti di beni) decadrà anche l’obbligo di dichiarare tali operazioni ai fini degli elenchi Intrastat. L’obbligo dell’indicazione nell’esterometro, infine, dovrebbe poi essere fatta confluire nella fatturazione elettronica dal Legislatore italiano.

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