L'Esperto risponde de Il Sole 24 Ore

Tutte le risposte fornite ai lettori dal dott. Massimo Cavallari nella rubrica del Sole 24 Ore l'Esperto Risponde.

articoli esperto sole24ore

L'autore dott. Massimo Cavallari.

Domande e risposte dell'esperto del IlSole24ORE

Ques.: N.  362590 - Rub. 810
QUESITO  premesso che la banca Tizio ha stipulato con il sig. Caio un contratto di mutuo fondiario in data 25 maggio 2015 subordinando l'effettiva erogazione del prestito alla produzione di documenti i quali non potevano assolutamente essere richiesti se non decorsi 11 giorni dalla stipula notarile in quanto i certificati richiesti dovevano avere tassativamente la data di rilascio posticipata di 11 giorni dall'iscrizione dell'ipoteca legale a favore della banca mutuataria e quindi non potevano essere richiesti e rilasciati prima del 6 giugno 2015. La banca, all'atto di erogazione effettiva del mutuo avvenuta in data 30 giugno 2015 ha accreditato il conto corrente del beneficiario del mutuo con valuta 25 maggio 2015 (data del rogito).
La banca per il periodo dal 25 maggio al 30 giugno n. 35 giorni ha incassato interessi per € 500 e pagato € 25 è regolare? La banca ha fatto maturare interessi su somme non erogate. Casa si può fare se è irregolare?

 RISPOSTA
 Purtroppo quanto posto in essere dalla banca appare regolare.
Del resto è vero che l’istituto ha accreditato al beneficiario la somma mutuata in data 30/06/2015, ma con valuta 25/06/2015, e quindi per il periodo 25/05-30/06 gli ha pagato gli interessi.
In buona sostanza, quindi, non è che la banca abbia fatto maturare interessi su somme non erogate, bensì ha applicato le condizioni contrattuali sin dal 25/05/2015, data del rogito del mutuo e data da cui poi ha fatto decorrere la messa a disposizione delle somme in favore del beneficiario.
Il lettore, piuttosto, sapendo che l’accredito non avrebbe potuto aver luogo prima di una certa data successiva al rogito, avrebbe dovuto avere l’accortezza di pattuire con la banca, almeno per questo periodo intermedio, un tasso a credito su conto corrente superiore, che quindi si avvicinasse a quello debitorio, per evitare quanto accaduto, ma in difetto di ciò se i tassi applicati sono quelli di cui al contratto di conto corrente e di cui al contratto di mutuo l’operazione non risulta affetta da vizio.
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Ques.: N.  362262 - Rub. 561
QUESITO  Impresa di costruzioni vuole chiudere il c/corrente bancario su cui sono canalizzate le rate di mutuo acceso presso quella stessa banca. La banca si oppone alla chiusura sostenendo che l'addebito delle rate di mutuo obbliga l'impresa a tenere il c/corrente aperto. Nel contratto di mutuo non c'è alcun riferimento a tale obbligo. Vorremmo sapere come stanno veramente le cose.

 RISPOSTA
L’art. 1855 c.c., che tratta delle operazioni bancarie in conto corrente, prevede espressamente che “se l’operazione regolata in conto corrente è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dandone preavviso nel termine stabilito dagli usi o, in mancanza, entro quindici giorni.”. Ne consegue che l’estinzione del conto corrente costituisce per il cliente un diritto e di converso per l’intermediario un atto dovuto e, ciò, per costante giurisprudenza, finanche il conto corrente presenti un saldo negativo.
Tuttavia, il rifiuto di chiudere il conto è invece giustificato allorquando, in presenza di un contratto di finanziamento le cui rate sono addebitate sul conto, le parti abbiano pattuito, in sede di stipulazione del contratto di mutuo che le rate del mutuo medesimo debbano essere regolate attraverso un conto corrente acceso presso l’intermediario, ovvero la banca erogatrice del prestito.
Se tale clausola non è invece prevista, come nel caso proposto dal lettore, questi, come accennato, ha il diritto di pretendere l’estinzione del conto ed in tal caso il pagamento delle rate del finanziamento potrà avvenire per contanti ovvero chiedendo di ricevere dei bollettini di pagamento.

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Ques.: N.  362592 - Rub. 810
QUESITO Polizze vita su mutui ipotecari.
La banca x ha chiesto al cliente y la stipula di una polizza vita per la concessione di un mutuo ipotecario o per un prestito personale ovvero per una cessione di 1/5 della pensione.
si chiede di sapere se la banca o la finanziaria:
1) può subordinare la concessione per cadauno dei finanziamenti sopra menzionati alla stipula di un contratto di assicurazione ramo vita?
2) se la risposta è si si chiede di sapere se è tenuta nel caso dovesse condizionare la concessione del finanziamento alla stipula di un contratto di assicurazione ramo vita a sottoporre al cliente più di una compagnia di assicurazione ovvero può imporre quella che alla banca è più comoda anche perché magari lei ne è anche l'intermediaria?
3) Il cliente ha diritto di scegliersi la compagnia di assicurazione anche senza il beneplacito della banca?


 RISPOSTA
 La sottoscrizione di una polizza assicurativa sulla vita a fronte della concessione di un mutuo costituisce un’assicurazione avente natura facoltativa e non obbligatoria.
Infatti per la concessione di un finanziamento l’unica assicurazione mutuo obbligatoria per legge è quella a garanzia di scoppio e incendio.
Spesso però accade che gli istituti di credito impongano garanzie ulteriori, quale appunto quella sulla vita, tesa a garantire che in caso di morte del mutuatario, l’assicurazione paghi alla banca le rate di mutuo residuo.
Tuttavia, se la banca può imporre la stipulazione di tali tipi di polizze non obbligatorie, non può invece imporre la compagnia assicurativa. Infatti l’Ivass, istituto di vigilanza sulle assicurazioni, ha stabilito che ogni mutuatario può liberamente scegliere la propria compagnia assicurativa, specie se ciò gli consente un risparmio economico.
Pertanto, a parità di condizioni, il cliente della banca può liberamente decidere a quale assicurazione rivolgersi e ha tutto il diritto di optare per una compagnia diversa da quella proposta dalla banca.

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Ques.: N.  364308 - Rub. 560
QUESITOSalve,
dal vostro inserto di martedì scorso ho scoperto che esiste una formula denominata "conto di base", introdotta nel 2012, che prevede la possibilità per le famiglie con reddito fino a €8000, o per i pensionati con reddito fino a €18000, di avere un conto con formula a zero spese.
Volevo chiedere se tale formula è prevista anche per quei pensionati che, pur rispettando tale parametro reddituale, si trovano ad avere proprietà immobiliari o a cointestare tale conto con coniuge con altro reddito.

RISPOSTA  A fonte dell’introduzione dell’obbligo di riscuotere stipendi e pensioni superiori ad euro 1.000 tramite conto corrente, il Governo, per agevolare alcune categorie di consumatori, con D.L. 06/12/11 n. 201, convertito con modificazioni dalla L 214/11, ha introdotto il c.d. conto corrente di base, da emettersi a condizioni estremamente vantaggiose.
Il conto di base si inserisce infatti nel quadro delle iniziative assunte dal Governo in tema di lotta al contante e di promozione di strumenti di pagamento più efficienti.
Può usufruire del conto di base la clientela bancaria economicamente più debole, con un reddito ISEE annuo inferiore a 8.000 euro, alla quale il conto corrente è offerto senza spese e con l’esenzione dell’imposta di bollo. Inoltre possono godere di tale conto anche gli aventi diritto a trattamenti pensionistici fino a 18.000 euro annui. Per questi ultimi è garantita la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti base destinati all’accredito e al prelievo della pensione del titolare, ma rimangono a titolo oneroso eventuali altri servizi aggiuntivi richiesti dal titolare. Poiché la convenzione tra Ministero dell'Economia, Banca d'Italia, Abi e Poste Italiane detta solo le succitate condizioni per poter accenderlo, si ritiene che il conto di base possa essere sottoscritto anche da quei pensionati che, pur rispettando tale parametro reddituale, si trovano ad avere proprietà immobiliari.
Con riferimento alla possibilità di cointestarlo con coniuge con altro reddito non si ritiene ci possano essere preclusioni in questo senso. In ogni caso qualora la banca si rifiuti si rifiuti di aprire il conto di base richiesto, essa ha l’obbligo di riportare per iscritto le ragioni della mancata apertura del conto, per cui tale diniego potrà essere oggetto di apposito reclamo.
 Ques.: N.  363948 - Rub. 810

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QUESITO Mutui, casa alle banche dopo 18 rate non pagate.
Buongiorno, relativamente all'articolo pubblicato oggi , qui sopra indicato, vorrei comprendere : per rate di mutuo si devono intendere quelle stabilite nel contratto di mutuo , quindi potrebbero essere mensili, trimestrali, semestrali, ecc. Oppure si intendono 18 rate mensili per tutti ?
Grazie, saluti


RISPOSTA
Certamente si intendono 18 mensilità impagate, indipendentemente dalla scadenza del loro pagamento, se mensile, trimestrale, semestrale, ecc. Ciò all’evidenza, posto che in caso contrario si penalizzerebbe oltremodo il diritto di credito delle banche.
Ricordiamo infatti che la nuova normativa tende ad applicare una direttiva dell’Unione Europea che ha la finalità di fornire una maggiore tutela ai consumatori che contraggono mutui aventi ad oggetto l’acquisto di beni immobili.

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Ques.: N.  363335 - Rub. 810

QUESITO Buongiorno, nel 2008 accendo un mutuo ipotecario(a tasso variabile) con le seguenti caratteristiche:2 rate di preammortamento(soli interessi)poi rate di ammortamento(capitali ed interessi)con metodo alla francese. Post pagamento rate di pre-ammortamento, mi viene consegnato un piano d'ammortamento a rate crescenti. Nel proseguo, eseguo una modesta decurtazione del valore nominale del mutuo(con un versamento una-tantum),dopo di che mi viene presentato un nuovo piano d'ammortamento(post decurtazione)con rate(capitale+interessi) costanti. A mia richiesta di tornare al piano d'ammortamento ante decurtazione(quindi a rate crescenti),l'istituto di credito, mi risponde che non è possibile. E’ corretta la risposta della banca? Come  posso tornare al piano di ammortamento a rate crescenti?

RISPOSTA
Non è dato comprendere come la banca possa aver variato la modalità di calcolo delle rate e quindi il piano di ammortamento se non con la richiesta di trasformazione del mutuo da tasso variabile a tasso fisso.
Se anche così fosse sarebbe sempre possibile rinegoziare nuovamente il mutuo per tornare alle precedenti diverse condizioni purché vi sia il consenso della banca.
Nel caso di specie se la banca ha posto il proprio diniego significa che non ritiene di ottenere un vantaggio economico nel variare tali requisiti.
In questo caso il lettore potrebbe valutare l’ipotesi di una surroga del mutuo, ovverosia di avvalersi della procedura che consente di estinguere il vecchio mutuo e di accenderne uno presso un diverso istituto bancario che offre condizioni migliori in termini di tasso, durata, spread, etc.

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 Ques.: N.  363515 - Rub. 780
 QUESITO ho stipulato un contratto di leasing immobiliare nel quale è prevista la possibilità di riscattare anticipatamente l'immobile con questa clausola "è facoltà richiedere la risoluzione consensuale del contratto corrispondendo una somma pari alla somma dei canoni a scadere attualizzata al minore fra l'Euribor a 6 mesi alla stipula e l'euribor a 6 mesi al momento di richiesta del riscatto + € 1.500 di spese". Ovvero mi propongono un tasso di attualizzazione pressoché nullo, perché oggi l'euribor è prossimo allo zero, ma lo spread non viene attualizzato e viene considerato x intero nel prezzo di riscatto. Quindi comunque se volessi riscattare oggi l'immobile devo riconoscere alla banca tutti gli interessi legati allo spread che non vengono per nulla attualizzati. al di là dell'aver firmato a suo tempo (2013) questo contratto volevo sapere se questa condizione possa essere corretta dal punto di vista legale oppure se ci possano essere le condizioni per discutere con la banca.
Grazie


RISPOSTA
Il contratto ha forza vincolante tra le parti e quindi deve essere osservato.
In questo caso, dunque, l’unica cosa che si può valutare è se l’ammontare degli interessi che devono essere corrisposti e/o che sono già stati versati, superino la soglia prevista dalla legge per l’usura.
Nel caso in cui vi sia un superamento di tale tetto, non sarebbero dovuti interessi.
Infatti, se si accerta che sono stati applicati e pretesi interessi in violazione del dettato di cui all’art. 644 c.p. e della normativa di cui alla L. 108/96, ne consegue che deve applicarsi la disposizione di cui all’art. 1815, comma 2, c.c. secondo cui “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

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 Ques.: N.  364548 - Rub. 560
QUESITO  Tra i titoli azionari presenti nel mio conto titoli sono indicati: az snia spa, az fairpoint communications inc, az trevisan cometal spa. Perché questi titoli continuano a essere riportati nonostante non abbiano più valore? Non è possibile trasformarli in minus-valenze da compensare? A sentire la mia banca non si può fare nulla e verranno sempre riportati nel conto titoli nonostante non siano più presenti sul mercato. Cosa posso fare?
 
RISPOSTA
Affinché la perdita di valore dei titoli detenuti dal lettore possano creare una minusvalenza è necessario un trasferimento di titolarità degli stessi.
Solo a seguito di una loro cessione, quindi, il lettore potrà beneficiare di minusvalenze da compensare.
Per fare ciò, se i titoli non hanno più valore e mercato, bisognerebbe procedere ad una vendita tra privati a prezzo irrisorio, per consentire alla banca di utilizzare detta minusvalenza in detrazione a plusvalenze realizzate. Tuttavia, così facendo si rischia di incorrere nella violazione delle normative antielusive. Infatti, ai sensi dell’art. 37bis, co.  1, del Dpr. 600/73: “Sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”. E tali fattispecie ricomprendono anche le compravendite di titoli.

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QUESITO 364471
Buongiorno, un conto corrente cointestato a tre teste, uno dei tre cointestatari è venuto a mancare, la banca giustamente ha bloccato un terzo del saldo di c/c che è entrato nella successione e liberato i due terzi. Al conto corrente è legato un conto titoli di cui in un sotto deposito a nome di uno dei superstiti, per altro unico erede, da lunga data sono presenti dei titoli di stato. La banca si rifiuta di girarli su un altro conto titoli intestato alla stessa persona asserendo che, i titoli, non essendo nominativi debbono entrare in successione. Di questi titoli, il 1 marzo sono maturate le cedole; la banca ha accreditato l'intero importo delle cedole sul conto bloccato facendo entrare in successione anche questo denaro. A nulla sembrano valere le rimostranze dell'intestatario che sostiene di esserne il legittimo e unico possessore. Ha ragione la banca ad agire in questo modo ovvero è una delle tante soperchierie del sistema? Grazie per l'attenzione

 RISPOSTA
Il conto titoli è un conto, collegato ad un conto corrente, sul quale transitano le somme che il cliente decide di impiegare in strumenti finanziari.
Pertanto, mentre il conto corrente consente di eseguire tutte le operazioni bancarie ordinarie (spese, accrediti, ect) il conto titoli, è invece il conto dedicato esclusivamente agli investimenti, sul quale vengono custoditi tutti i titoli detenuti dal cliente ed eseguite le operazioni finanziarie per conto dello stesso.
Poiché comunque il conto base è sempre il conto corrente ove viene prelevato il denaro per gli investimenti e sul quale affluiscono i frutti dei medesimi, le cedole che hanno maturato i titoli contenenti nel dossier titoli collegato al conto corrente o nei relativi sottodepositi sono confluiti nel conto corrente di base cointestato anche al deceduto.
Le cedole maturate, dunque correttamente cadono in successione, ma l’errore che in questo caso ha fatto la banca è quello di aver accreditato l’intero loro importo nel conto vincolato, e non solo un terzo di esso.

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 Ques.: N.  364557 - Rub. 560 
QUESITO Buongiorno, gestisco un affittacamere di cui avevo un conto corrente (quasi inutilizzato) presso una filiale della banca mps, a debito di circa €3.700,00.(quasi tutti interessi e spese).La banca, visto l'improvviso inutilizzo (senza protesti di assegni o cambiali) del conto, causa l'apertura di altro conto con altra banca, dopo poco tempo ha segnalato alla banca d'italia la ditta. Ciò ha bloccato eventuali altri prestiti presso la nuova banca; ma, per fortuna, grazie al lavoro, siamo riusciti a continuare solo con i nostri mezzi e con il conto sempre in attivo. Ora siamo riusciti a chiudere a saldo e stralcio il conto presso la mps, tramite versamento di comune accordo di € 2.500,00.Tuttavia ci è stato però riferito dall'attuale banca, che nonostante l'avvenuto  pagamento (con rilascio di liberatoria):la segnalazione alla banca d'italia rimane per 36 mesi. Consapevole dell'errore, vorrei tuttavia sapere se è lecito che la segnalazione rimanga per un tempo così lungo. Grazie, saluti.

RISPOSTA
 Quando si chiede un finanziamento presso una banca o una società finanziaria queste interrogano la centrale rischi per verificare l’affidabilità e la solvibilità del cliente. 
La Centrale dei rischi costituisce infatti un sistema informativo sull’indebitamento della clientela delle banche e degli intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia. Attraverso il servizio centralizzato dei rischi la Banca d'Italia fornisce agli intermediari partecipanti un'informativa utile per la valutazione del merito di credito della clientela e, in generale, per l’analisi e la gestione del rischio di credito. L’obiettivo perseguito è di contribuire a migliorare la qualità degli impieghi degli intermediari partecipanti e conseguentemente anche ad accrescere la stabilità del sistema creditizio. Concretamente, dunque, le banche comunicano periodicamente alla Banca d’Italia informazioni sulla loro clientela e ricevono informazioni sulla posizione debitoria verso il sistema creditizio dei nominativi segnalati e dei soggetti a questi collegati.
Pertanto allorquando il cliente non risulta più regolare con il pagamento dei propri debiti nei confronti dell’istituto bancario o smetta definitivamente di onorarli, l’istituto medesimo segnala la circostanza alla centrale rischi.
Qualora tuttavia il cliente regolarizzi successivamente la propria situazione sanando la propria morosità, egli purtroppo non gode di un immediato “diritto all’oblio” e quindi di una immediata cancellazione del proprio nominativo presso la centrale Rischi, ma tale automatica cancellazione avviene solo dopo 36 mesi.

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Ques.: N.  365986 - Rub. 810
QUESITO 
 Un contribuente che è proprietario di una casa come da atto di donazione da parte del genitore, può subire il pignoramento della stessa da parte di una banca per rate di mutuo non pagate? E inoltre essendo lavoratore dipendente, la banca può richiedere il pignoramento dello stipendio? Grazie mille

 RISPOSTA
 Se il lettore si riferisce a rate del mutuo per l’acquisto della casa ricevuta in donazione dal padre si precisa che solitamente, quando una banca sottoscrive un contratto di mutuo per l’acquisto di un immobile, pretende una garanzia reale, generalmente l’ipoteca, che le permette, in caso di omissione del pagamento delle rate di soddisfarsi sul bene, indipendentemente dalla persona del proprietario. In altri termini, il vincolo reale permane anche in caso di trasferimento della proprietà del bene medesimo. In tal caso, quindi, ben potrebbe la banca, in caso di mancato pagamento del bene, eseguire il pignoramento dell’immobile anche se lo stesso appartiene a persona differente da quella che ha stipulato il finanziamento. Viceversa, il donatario dell’immobile, per il fatto stesso dell’acquisto del bene immobile, non diviene creditore personale della banca, per cui  in caso di mancato pagamento delle rate del mutuo,  l’istituto di credito non potrà certo azionare alcun pignoramento del suo stipendio, a meno che lo stesso non abbia rilasciato una garanzia personale, quale ad esempio la fideiussione.

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Ques.: N.  362917 - Rub. 560
QUESITO Buongiorno, siamo una piccola azienda. Gradiremmo sapere se alla luce delle attuali norme è legittimo che la banca presso la quale abbiamo un c/c valutario usa$ ci chieda una commissione (0,1%) per trasferire dollari ad altro ns.c/c Valutario presso altra banca in italia.
Grazie e distinti saluti
(lettore abbonato)


 RISPOSTA
Ai sensi di quanto previsto dal D.L. 3/15 convertito con L. 33/15, il cliente consumatore ha diritto a trasferire gratuitamente i servizi di pagamento connessi al rapporto di conto e/o l’eventuale saldo, con o senza la chiusura del rapporto, da un conto corrente ad un altro in essere presso un’altra banca, purché espresso nella medesima valuta e con pari intestazione.
Pertanto, se il conto del lettore è intestato all’azienda, esso non beneficia della gratuità in caso di trasferimento di dollari da un conto valutario ad un altro.
In ogni caso, la commissione dello 0,1%, per essere applicata deve essere stata preventivamente pattuita per iscritto dal cliente.
Invitiamo dunque colui che ha posto il quesito a verificare tale circostanza ed in difetto di pattuizione consigliamo di inviare apposito reclamo scritto alla banca.

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Ques.: N.  362318 - Rub. 810
QUESITO salve,
ho acquistato un immobile "prima casa" mediante accollo mutuo erogato al costruttore in data 31/1/2005 (ante legge bersani)
poi frazionato in data 2/8/2007 (post legge bersani).
sto procedendo alla surroga con altro istituto ma nei conteggi estintivi la banca riporta anche una penale d'estinzione dell'1%.
è corretto?
nelle quietanza di pagamento che ricevo dalla banca risulta "data inizio finanziamento 2/8/2007" come se di fatto fosse un mutuo ex novo.
altri proprietari nelle mie stese condizioni riferiscono di non aver pagato penali d'estinzione alle loro surroghe.
come si applica l'accordo al caso specifico? eventualmente, come posso fare valere il mio diritto di non pagare la penale d'estinzione?
grazie.

 
 RISPOSTA
 Considerate le ingenti somme necessarie per costruire un condominio o un edificio complesso, il costruttore ricorre normalmente al credito bancario sottoscrivendo un contratto di mutuo. Tali finanziamenti vengono garantiti da un’ipoteca iscritta sul terreno sul quale deve essere costruito il fabbricato e spesso accade che le somme di denaro vengano rilasciate dall’istituto di credito ratealmente, a mano a mano che viene edificata la costruzione. Questo perché all’aumentare del valore dell’immobile aumenta conseguentemente anche la garanzia, che in questa fase si estende all’intero edificio.
A lavori ultimati, allorquando il costruttore intende alienare i singoli appartamenti o porzioni dell’immobile, l’impresa opererà il c.d. frazionamento del mutuo, sottoscrivendo un nuovo e distinto accordo che preveda la misura in cui il debito resterà attribuito a ciascuna unità, così che possa essere “trasferito” all’acquirente di quella particolare porzione.
A parere dello scrivente il frazionamento costituisce una nuova ed autonoma obbligazione per cui pare corretto, nel caso sottoposto dal lettore, considerare il 02/08/2007 la data dell’inizio del finanziamento. Ne consegue che in forza della c.d. Legge Bersani la surroga del mutuo debba essere eseguita senza l’applicazione di alcuna penale, come è capitato ad altri proprietari.
Il lettore potrà sottoporre alla banca le succitate considerazioni ed in caso di persistenza dell’istituto nella propria volontà di imporre una penale suggeriamo l’invio di un apposito reclamo scritto.
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Ques.: N.  334733 - Rub. 560
QUESITO: Allo scopo di non andare  in giro con soldi contanti, ho versato sul libretto postale un assegno bancario. Il funzionario di poste italiane mi ha riferito che, sia la valuta che la disponibiltà, della somma versata,  potranno avvenire non prima di 10 giorni. Ho eccepito tale asserto dicendo che, trattandosi di assegno bancario, valutato alla pari di contanti, per gli interessi devono passare 3 giorni lavorativi, mentre per entrare nella mia disponibiltà occorrono 4 giorni. E' esatta la mia tesi? se non fosse esatta, cortesemente mi indicate la normativa che regola tale materia? Posso ricorrere al giudice per far valere le mie ragioni?

RISPOSTA:In forza del D.Lgs denominato “Tremonti ter” del 25/06/2009, entrato in vigore il primo novembre 2009, la data di disponibilità per il beneficiario di bonifici, assegni circolari e assegni bancari non può mai superare, rispettivamente tre, quattro o cinque giorni lavorativi successivi alla data del versamento. E i giorni di disponibilità misurano, quindi, la data dalla quale è concretamente possibile disporre degli importi versati tramite appunto bonifico, assegno bancario e assegno circolare.
Inutile dire che quelli sopra citati sono i tempi massimi, e nulla vieterebbe agli istituti di accorciarli.
Nel caso proposto dal lettore, quindi la disponibilità doveva avvenire al massimo cinque giorni dopo il versamento, trattandosi di assegno bancario.
Per far valere le proprie ragioni il lettore dovrà in primis inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno alle Poste Italiane denunciando l’accaduto e chiedendo il risarcimento del danno subito. In caso di mancato accoglimento delle proprie ragioni o in caso di mancata risposta dopo trenta giorni egli potrà adire il competente Giudice di Pace oppure rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), organo creato appositamente per risolvere in via stragiudiziale le controversie tra banche e clienti, cui aderisce anche Poste Italiane.
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RISPOSTA Ques: n. 334947 - Rub. 560
R.I.D. è l’acronimo di Rapporto Interbancario Diretto e consiste in un servizio di incasso di crediti in forza di un’autorizzazione continuativa conferita dal debitore alla propria banca di accettare gli ordini di addebito provenienti da un proprio creditore. E’ un servizio molto diffuso e utile anche per regolare pagamenti periodici quali quelli per le utenze domestiche o di pagamenti rateali.
Trattasi di un servizio anche molto utile perché risparmia la necessità di recarsi in banca o in posta per eseguire tali pagamenti, che però impone al debitore un maggiore controllo delle somme che vengono addebitate, in quanto la banca del debitore non svolge alcun controllo in ordine all’effettiva debenza delle somme addebitate al proprio cliente.
Ovviamente tale servizio richiede la titolarità di un conto corrente, tuttavia esso può essere effettuato anche da un soggetto delegato ad operare in un conto altrui.
Pertanto, per rispondere al quesito del lettore, è effettivamente possibile domiciliare un Rid su un conto corrente intestato a persona diversa dal sottoscrittore del Rid, purchè quest’ultimo sia delegato ad operare sul conto corrente di addebito.
 
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Ques.: N.  335776 - Rub. 560
QUESITO:In relazione alla disciplina sui conti correnti dormienti, posto che le movimentazioni del rapporto valide per interrompere il termine decennale ex articolo 1, lettera b), del dpr 116/2007, devono avvenire su  disposizione del titolare del rapporto o di un suo delegato, in presenza di conto cointestato a più soggetti, qualora uno dei contitolari sia deceduto, l’operazione eseguita da un suo erede deve ritenersi valida ai fini dell’interruzione della dormienza oppure la titolarità ad effettuare operazioni interruttive del termine compete ai soli restanti contitolari superstiti del conto?
RISPOSTA
Nel caso in cui il conto corrente sia cointestato a più persone con possibilità per ciascuno di poter operare a firme disgiunte ed uno dei cointestatari muoia, il conto corrente continua ad esistere e  ciascuno degli altri cointestatari mantiene la possibilità di disporre del conto. Il medesimo diritto spetta anche agli eredi del defunto, i quali però potranno esercitare tale diritto solo congiuntamente tra loro. Gli eredi del defunto potranno infatti subentrare chiedendo alla banca una semplice variazione dell’intestazione, in forza della quale al nome del defunto verranno sostituiti i nomi degli eredi che tuttavia, si ripete, a differenza dei cointestatari originali, dovranno operare congiuntamente tra di loro. Nel caso in cui invece deceda il cointestatario di un conto che preveda l’operatività a firme congiunte, in questo caso la banca provvederà a bloccare il conto fino a che non vengano individuati gli eredi del defunto cointestatario e successivamente gli stessi dovranno operare congiuntamente agli intestatari superstiti.
Alla luce di quanto sopra, ai fini della movimentazione del rapporto per l’interruzione del termine decennale ex art. 1, lett. B), D.P.R. 116/2007, in caso di conto corrente che preveda operatività disgiunte per i cointestatari le operazioni di “risveglio” potranno essere eseguite dagli altri cointestatari superstiti, ovvero anche dagli eredi i quali però dovranno operare congiuntamente tra loro.
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Siamo a conoscenza delle istruzioni della Banca d’Italia indicate dal lettore, tuttavia in esse, dopo la premessa che per la banca, sia quella trattaria che quella negoziatrice, pagare un assegno non trasferibile a persona diversa dall’intestatario è sostanzialmente molto pericoloso perché le esporrebbe a responsabilità, espressamente si legge “Le banche risultano assumere tale rischio per esigenze di correttezza operativa nei casi in cui l’intestatario sia impossibilitato ad incassare personalmente il titolo e sia eccessivamente oneroso ricorrere al conferimento formale di apposita procura. Tenuto conto delle connesse responsabilità patrimoniali, le banche adottano opportune cautele, in particolare attuando la predetta prassi agevolativa nei confronti di clientela nota e in presenza di situazioni nelle quali risulti fuori di dubbio la sottostante legittimità delle operazioni”.
Ebbene, al di là della necessità della prova dell’effettiva impossibilità all’incasso, dell’eccessiva onerosità del conferimento formale di apposita procura e della sottostante legittimità delle operazioni,  nella realtà quotidiana emerge che le pratiche commerciali poste in essere ormai indistintamente da tutti gli istituti di credito, miranti solo ad acquisire nuovi clienti, si traducono in una generale disapplicazione di tali istruzioni.
Ciò senza contare, che la prassi agevolativa prevede trattarsi di clientela nota per la banca e dal testo del quesito non pare proprio sussistere tale condizione.
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Ques.: N.  337326 - Rub. 560
QUESITO: Buongiorno,
un assegno irregolare poiché è scaduto nei termini è considerato protestato?
Inoltre va presentata in tribunale e alla C.C.I.I.A.A. le eventuali istanze di cancellazioni?
Oppure basta rilasciare liberatori e con questa presentarla in banca?
Cordialmente,


RISPOSTA: Se un assegno portato all’incasso non viene pagato il beneficiario può agire contro l’emittente per il recupero del suo credito ed il protesto è l’atto formale, effettuato da un pubblico ufficiale, con cui viene sostanzialmente attestata la mancanza del pagamento. Esso serviva soprattutto un tempo per poter agire contro i giranti dell’assegno, ma attualmente l’obbligatorietà della clausola di non trasferibilità del titolo hanno reso tale istituto privo di sostanziale rilievo.
In ogni caso, una volta elevato il protesto, per cancellarlo è necessario esperire apposito procedimento di riabilitazione presso il Tribunale di residenza dell’interessato a condizione che sia avvenuto il pagamento dell'obbligazione per la quale il protesto è stato levato. Non basta dunque presentare alla banca un'eventuale dichiarazione liberatoria resa dal creditore, ma dovrà essere presentata apposita istanza di riabilitazione che peraltro, non può essere richiesta se non dopo il decorso di almeno un anno dalla data del protesto. Ottenuta la riabilitazione, l’istante dovrà poi rivolgersi alla Camera di Commercio per la cancellazione dal Registro dei Protesti          
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Ques.: N.  337069 - Rub. 560
QUESITO
:  Buongiorno, presso la Ubi banca sono intestatario di un deposito titoli che voglio chiudere in quanto non posseggo nessun titolo e per non pagare l'imposta di bollo, purtroppo sono inserite le azioni tc sistema fallite nel 2004. Come posso fare per liberarmi delle azioni e chiudere ogni rapporto con la banca. Grazie
vendita ad un prezzo simbolico


 RISPOSTA:Il mezzo più semplice è la cessione di tali titoli, magari ad un prezzo simbolico, dato che sono sostanzialmente prive di valore. La procedura al riguardo è molto semplice, basta redigere un contratto di compravendita con l’indicazione dell’oggetto, del prezzo e dei dossier di cedente e cessionario. Il tutto di solito è seguito dalla banca di riferimento.
Tante volte, poi, gli istituti di credito, per agevolare ancor più il proprio cliente, trasferiscono gratuitamente tali titoli in un dossier intestato alla banca con l’indicazione in un sottodossier del cliente.
Così operando il lettore potrà certamente chiudere il proprio deposito titoli.
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Ques.: N.  339421 - Rub. 560
QUESITO
: Ho un conto deposito vincolato con scadenza 22/02/2014 presso la banca marche in amministrazione controllata dal 25/10/2013. Cosa succede al mio deposito? Come posso recuperare la somma depositata? Attendo suggerimenti. Grazie

RISPOSTA
Banca Marche è stata sottoposta all’amministrazione straordinaria la cui disciplina è contenuta nel titolo IV, del TUB, e consiste in una procedura preordinata a finalità conservative dell’istituto di credito e conseguentemente della tutela del risparmio.
Ebbene, vengono ammesse a tale procedura le banche allorquando versino in stato di insolvenza, ma per esse vi siano possibilità di recupero.
Si tratta quindi di istituti di credito in crisi, ma con serie prospettive di riposizionamento in termini di normalità per i quali viene quindi predisposto un piano di risanamento e di ristrutturazione economica e finanziaria. L’amministrazione straordinaria è disposta con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia, a cui spetta la nomina degli organi straordinari. Essi provvederanno, appunto, all’accertamento della situazione aziendale e alla predisposizione di un programma di riequilibrio economico della banca, la quale, nelle more, prosegue la propria attività.
In altri termini in sede di amministrazione straordinaria la banca medesima viene gestita affinché si pervenga ad avviare le soluzioni di risanamento più opportune anche nell’interesse dei depositanti.
Quando la crisi della banca invece assume i caratteri dell’irreversibilità essa viene assoggettata alla diversa procedura della liquidazione coatta amministrativa.
In ogni caso, vengono attuati idonei sistemi di garanzia finanche il ricorso all’apposito fondo interbancario a tutela dei depositi, istituito nell’anno 1987, volto a garantire una copertura massima di euro 100.000.
Ritengo quindi di poter tranquillizzare il lettore atteso che fino ad oggi, a quanto è dato sapere, nessun depositante ha mai rimesso i propri risparmi a seguito della messa in amministrazione straordinaria della propria banca.
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Ques.: N.  339634 - Rub. 810
QUESITO: 
Buongiorno, la mia domanda e' questa, qual'e' la differenza tra un cointestatario di mutuo e un garante? Il cointestatario volendo accedere nuovamente a dei finanziamenti (avendone gia' in corso), a che rischi andrebbe incontro? Un domani, cosa dovrei fare per  svincolarli? Grazie. Saluti.

RISPOSTA: Il cointestatario del mutuo è un debitore principale, direttamente obbligato per il pagamento delle rate del mutuo unitamente all’altro o agli altri cointestatari. Il garante invece risponde qualora il debitore principale sia inadempiente.
La garanzia solitamente utilizzata dalle banche è quella della fideiussione disciplinata dall’art. 1936 e ss. c.c.. “E’ fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui”. Inoltre la fideiussione può prestarsi anche per una parte soltanto del debito e a condizioni meno onerose. In forza dell’art. 1944 c.c. il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale per il pagamento del debito, ma le parti possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale.
Ancora, il fideiussore quando sia chiamato a pagare può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale ed il fideiussore che ha pagato il debito acquista gli stessi diritti che il creditore aveva nei confronti del debitore, per cui può rivalersi nei suoi confronti per quanto è stato costretto a pagare in forza della garanzia.
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Ques.: N.  340464 - Rub. 560
QUESITO
Si chiede se un coerede di un cointestatario deceduto di rapporto di conto corrente bancario, oggetto di blocco per successione ereditaria aperta, possa chiedere all'istituto bancario oltre alla variazione dell'intestazione per cui al nome del defunto saranno sostituiti quelli dei coeredi (vedasi quesito del 16 settembre 2013, n. 2821), anche di procedersi alla trasmissione al medesimo coerede del cointestatario deceduto dei rapporti di estratto conto periodici in formato digitale a mezzo posta elettronica.  Si chiede infatti se debba ritenersi sussistente un obbligo al riguardo in favore dell'erede subentrante nell'intestazione oppure possa configurarsi come una mera facoltà per l'istituto bancario.

RISPOSTA
L’estratto di conto corrente è un documento con cui la banca comunica periodicamente al correntista l’analitica descrizione di tutte le operazioni effettuate sul conto corrente in un determinato periodo, suddivise in termini di entrate ed uscite, dando conto del risultato finale.
Normalmente la banca provvede all’invio di tale estratto conto con cadenza trimestrale, ma la legge le imporrebbe di inviarlo solo una volta all’anno.
Nel caso di decesso di un cointestatario il conto viene bloccato e di conseguenza, in mancanza di operazioni, la banca non provvede all’invio dell’estratto conto.
Ricordiamo però che in forza dell’art. 119 TUB il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo (quindi anche mortis causa) e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere a proprie spese copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. In tal caso al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione.
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Ques.: N.  339339 - Rub. 560
QUESITO: Ho stipulato nel mese di febbraio del 2007 un prestito non finalizzato - senza garanzia - con un istituto bancario. Nella fattispecie si trattava di un prestito personale di €. 62.400,00.In base al nuovo d.Lgs. n.141del 2010, il finanziamento rientra nella categoria del credito al consumo. L'art. 125 sexies del citato D.Lgs. prevede che in caso di rimborso anticipato, di contratti di credito al consumo l'indennizzo non può superare l'1 per cento, ad eccezione dei finanziamenti di importo inferiore a €. 200,00 o superiore a €. 75.000,00.La banca in data 07.11.2011, al momento dell'anticipata estinzione del prestito suddetto, ha applicato la penale del 2 per cento, prevista nel contratto di finanziamento stipulato nel 2007, anziché l'indennizzo de'1 per cento previsto, in base al nuovo decreto n. 41 del 2010. Chiedo, pertanto, se è stata correttamente applicata la penale del 2 per cento, sulla somma rimborsata anticipatamente di circa €.46.000,00.

RISPOSTA:L’art. 125 sexies del D.Lgs 141/10 consente al consumatore di estinguere anticipatamente un prestito o un finanziamento in qualsiasi momento, anche parzialmente. Ciò' avviene restituendo il capitale residuo, gli interessi e gli altri oneri maturati fino a quel momento oltre -se prevista dal contratto- ad un importo a titolo di "indennizzo" a favore dell’erogatore del credito, calcolata sull'importo rimborsato in anticipo nella misura massima dell'1% se la durata residua è superiore ad un anno, o dello 0,5% se è pari od inferiore ad un anno. L'importo dell'indennizzo non può comunque superare quello degli interessi residui.
Il legislatore introducendo tale norma non ha in realtà definito se essa debba e/o possa essere applicata anche ai contratti in essere alla data della sua entrata in vigore e la questione è fortemente dibattuta.
Tuttavia, la maggior parte dei commentatori ritiene che tale norma non possa essere applicata ai contratti stipulati anteriormente e ciò in forza dell’art. 30 della direttiva 2008/48/CE, a cui il D.Lgs. 141/10 ha dato attuazione, che al suo primo comma testualmente recita: “La presente direttiva non si applica ai contratti di credito in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione”.
Riterrei quindi legittimo il comportamento della Banca praticato nei confronti del lettore.
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Ques.: N.  339021 - Rub. 810
QUESITO: Buona sera volevo un informazione o meglio se possibile un aiuto.
Nel 2007 ho stipulato il magnifico x modo di dire mutuo con barclays legato al franco svizzero .
Visto i vari problemi economici abbiamo usufruito due volte della sospensione; purtroppo ad oggi sono di nuovo in cassa integrazione vista la rata fuori bajet 1.000, 00 pensavamo di venedere casa dato che rinegoziando il mutuo x abbassare la rata dovevo chiedere molto di più di quanto richiesto.
Ma dato che anche vendendo mi si pone lo stesso problema (es chiesti 165.000 x estinguere mutuo ne dovrei dare 184.000 scandaloso ....ma è possibile????) posso sospenderla una terza volta? Cosa posso fare??
Grazie x l attenzione


RISPOSTA: Dopo la pubblicazione del Regolamento, il 27 aprile 2013 è stata nuovamente avviata l'operatività del Fondo di solidarietà per l'acquisto della prima casa (di cui all'art. 2 comma 475 e successivi della legge n. 244 del 2007). Il Fondo consente ai titolari di un mutuo, con un reddito non superiore a 30.000 euro, di presentare alla banca che ha erogato il finanziamento per l'acquisto della prima casa, di importo non superiore a 250.000 euro, una domanda di sospensione del pagamento dell'intera rata fino ad un massimo di due volte, per complessivi 18 mesi.
La possibilità di presentare tali istanze è subordinata, poi, al verificarsi dei seguenti eventi occorsi negli ultimi 3 anni: morte, inabilità grave o condizione di non autosufficienza, perdita del posto di lavoro a tempo determinato o indeterminato o dei rapporti lavorativi di cui all'art. 409 del cpc.
Purtroppo, le succitate condizioni non contemplano la messa in cassa integrazione, per cui non si ritiene che il lettore possa essere ammesso al beneficio.
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Ques.: N.  339326 - Rub. 560
QUESITO
 
Ho fatto nell'arco di 10 mesi diversi bonifici bancari per la quietanza di fatture emesse a copertura di una nuova costruzione verso l'impresa costruttrice. Dal primo bonifico a saldo della prima fattura come inizio lavori, fino all'ultimo versamento non  mi è stato mai chiesto di compilare il modulo di richiesta bonifici dove si crocetta il relativo motivo se si vuole usufruire il risparmio fiscale per ristrutturazione edilizia. Finito i lavori, e a distanza di qualche mese, l'impresa costruttrice beneficiaria lamenta che alcuni bonifici gli sono stati accreditati dalla sua banca con importi inferiori da quelli versati dalla committenza. Visionate le mie ricevute di addebito della mia banca su alcune di esse viene riportato: rif. L 44997 - e rif.D.P.R.917 1986 Art. 16 bis
Domanda: può una banca emettere bonifici senza aver richiesta sottoscritta dal cliente contenente il motivo fiscale del cliente?.
Il beneficiario "l'impresa" può dopo un anno chiedere la differenza.

RISPOSTA
La banca nell’effettuazione dei bonifici deve attenersi scrupolosamente alle disposizioni del proprio cliente, pertanto se il lettore non ha mai impartito l’ordine di bonifico in regime di detrazione (si presume che a questo si riferisca) l’operato della banca è errato.
Sarebbe comunque stato suo onere, verificare che il bonifico effettuato corrispondesse a quello effettivamente disposto.
Nulla poi impedisce all’”impresa” di pretendere il pagamento del residuo importo anche dopo un anno, posto che i diritti di credito si prescrivono in tempi ben più lunghi.
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QUESITO  Ho due mutui ipotecari, uno prima casa e uno per liquidità. In questi giorni ho ricevuto dalla banca una comunicazione ai sensi art. 118 di modifica in senso peggiorativo sia degli interessi di mora che delle spese e commissioni sulle rate. Ho controllato e le modifiche non superano il tasso soglia usura sia della data di decorrenza modifica sia della data di stipula dei mutui. E' corretto? essendo un mutuo stipulato dal notaio, è possibile la modifica alle condizioni sopracitate con un solo avvertimento scritto tra le parti?
RISPOSTA  L’art. 118 TUB prevede la facoltà della banca di modificare le condizioni contrattuali. Più precisamente, al primo comma esso dispone: Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che sussista un giustificato motivo.  Come è facile notare, in primo luogo il c.d. ius variandi può essere esercitato da parte della banca solamente nel caso in cui sia previsto dal contratto firmato dalle parti. Infatti, la facoltà di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali presuppone che essa sia stata precedentemente pattuita fra la banca ed il cliente con apposita clausola specificatamente sottoscritta dal cliente medesimo. Ne consegue che il lettore, dovrà previamente verificare se i due mutui sottoscritti con l’istituto bancario prevedono tale possibilità per la banca, in difetto di che le modifiche peggiorative del rapporto sono senz’altro inefficaci. Premesso ciò, si precisa che nei contratti di durata, come sono i mutui, la facoltà di modifica unilaterale può riguardare solo clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse e quindi afferire sostanzialmente solo a commissioni e spese, sempre che sussista un giustificato motivo. Pertanto, nel caso sottoposto dal lettore, non si ritiene legittima la modificazione del tasso di mora, ma eventulamente solo quella relativa a spese e commissioni sulle rate, purchè tali mutamenti siano giustificati particolari motivi che la banca deve esplicitare anche per consentire al cliente una valutazione sulla congruità della motivazione addotta.  
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QUESITO  Io e mia moglie siamo titolari in una medesima banca di due distinti conti correnti ad entrambi cointestati per un importo complessivo di circa 225000,00 euro. Su uno dei due conti sono inoltre appoggiati un deposito titoli di circa 11000,00 euro e due gestioni patrimoniali per un totale di circa 300000,00 euro anch'essi tutti a noi cointestati. Ciò premesso, si gradirebbe sapere quale sia attualmente la nostra posizione in rapporto alla normativa sul bail in e cosa eventualmente fare per evitarci ogni conseguenza negativa in caso di fallimento della banca affidataria delle somme suddette.
RISPOSTA A decorrere dall’01/01/2016 è entrata in vigore la normativa sul bail in volta a prevenire e gestire le crisi di banche ed imprese di investimento, limitando la possibilità di interventi pubblici da parte dello Stato. Il bail in prevede che le perdite delle banche dovranno essere assorbite da azionisti e creditori secondo una precisa gerarchia: 1) azioni, 2) obbligazioni subordinate, 3) obbligazioni non subordinate, 4) depositi non protetti. La normativa sul bail in, quindi, con riferimento alla posizione del lettore determina quanto segue. Per i conti correnti cointestati sulla medesima banca per un importo complessivo di circa 225.000 si precisa che tale somma potrebbe essere assoggettata ad aggressione per la parte eccedente ai 200.000 euro. Infatti, come noto, vi è una garanzia sui depositi ammontante ad euro 100.000 per correntista della medesima banca. Nel caso di specie i cointestatari dei conti sono 2 per cui vi è una protezione per una somma complessiva di euro 200.000. Si badi, questa soglia di protezione vale per ciascuna banca, per cui il lettore potrebbe decidere si suddividere i propri risparmi in conti presso altri istituti per poter tutelare integralmente il proprio deposito. Ovviamente il denaro dei correntisti viene aggredito solo dopo che si è proceduto alla riduzione di azioni ed obbligazioni secondo l’ordine sopra citato. Il deposito titoli, invece, di per se stesso non è attaccato dal bail in. I titoli conservati nel deposito di una banca che fallisce non corrono alcun rischio a meno che non siano stati emessi dalla banca coinvolta nel bail in. In altri termini il bail in potrebbe interessare solo i singoli titoli detenuti in azioni od obbligazioni di una banca che apre la procedura di risoluzione delle crisi. Analogo discorso vale per le gestioni patrimoniali, ovverosia i servizi offerti dalle banche che si realizzano mediante la gestione del patrimonio mobiliare del cliente attraverso l’investimento in strumenti finanziari.  
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QUESITO  E' vero che lo stato italiano non ha ancora recepito la legislazione salva conti fino a 100.000 euro disposta dall'Unione europea?  
RISPOSTA  Il quesito non è chiarissimo, comunque se si fa riferimento alla recente normativa entrata in vigore si rileva che dall’1 gennaio 2016 è pienamente applicabile in Italia la Direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), recepita in Italia dai Decreti Legislativi n. 180 e 181 del 16 novembre 2015. Questa direttiva introduce in tutti i Paesi europei regole armonizzate dirette a gestire le crisi delle banche al fine di ridurre quanto più possibile la possibilità di interventi statali per il loro risanamento. Pertanto il salvataggio delle banche è ora rimesso agli azionisti, obbligazionisti e finanche ai correntisti. Con riferimento ai correntisti, essi saranno chiamati a contribuire, per la parte eccedente l’importo di euro 100.000 solo dopo l’escussione, tramite riduzione del valore nominale delle azioni, delle obbligazioni subordinate e da ultimo delle obbligazioni non subordinate. Con riferimento ai conti correnti, invece, come sopra accennato, essi godranno della tutela approntata dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, in forza della quale saranno salvaguardati i conti contenenti somme fino ad euro 100.000. Tale copertura vale per ciascun correntista e per ciascuna banca. Più precisamente, poichè la garanzia tutela la persona, essa copre la somma di 100.000 euro a correntista anche per i conti cointestati.  Inoltre in caso di più conti detenuti nella stessa banca ed intestati allo stesso soggetto, viene considerato il saldo totale, mentre se i conti sono accesi in banche differenti  la soglia di protezione di 100.000 euro vale per ciascun istituto bancario.  **************

QUESITO Il risparmiatore-correntista a chi deve richiedere il cet 1 ratio quando si tratta di banche popolari o di bcc ? Le suddette banche hanno il potere di fornirlo ai propri correntisti o si possono rifiutare di fornirlo?
RISPOSTA Cet1 è l’acronimo di Common Equity Tier 1, che costituisce il parametro che misura la solidità di una banca o di un istituto di credito. Il Cet1 si ottiene mettendo in rapporto il capitale a disposizione della banca e le sue attività ponderate per il rischio. In altri termini con questo indicatore si rapporta il patrimonio netto della banca medesima ai rischi assunti. Più questo indicatore è elevato, maggiore dovrebbe essere la solidità dell’istituto ovvero la capacità di affrontare eventuali scenari negativi. Attualmente le norme europee prevedono come percentuale minima per le banche un Cet1 Ratio dell’8% che significa  che una banca può effettuare investimenti (finanziamenti, prestiti, mutui, investimenti su titoli etc.) ponderati per il rischio superiori a 12,5 volte il capitale proprio. Tale parametro è calcolato dai vari istituti di credito periodicamente. Solitamente esso viene indicato nella nota integrativa che accompagna il bilancio del 31/12 di ogni anno e poi stimato al 30/06 dopo l’approvazione della c.d. “semestrale”. Ovviamente i clienti delle banche hanno il diritto di conoscere tale indicatore e le banche non possono rifiutare di comunicarlo.
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QUESITO  Sono un pensionato titolare di un conto corrente con 5.000 euro e di una gestione patrimoniale con circa 180.000 euro. Dal prossimo 1° gennaio in caso di fallimento della mia banca quali soldi mi saranno garantiti?
RISPOSTA Dall’01/01/2016 sono cambiate le norme relative ai salvataggi delle banche in crisi e pertanto in caso di fallimento di in istituto di credito non interverrà più lo stato per salvarlo, ma saranno chiamati a sanare il debito gli azionisti, gli obbligazionisti e, in ultima istanza, i correntisti che hanno depositi superiori a 100.000 euro. Nel caso prospettato, si ritiene che il lettore non possa essere danneggiato dalla nuova disciplina. Questo perché, come noto, il Fondo Interbancario dei Depositi appresta una copertura sui depositi per un ammontare massimo di euro 100.000 per correntista della medesima banca. Inoltre, anche la gestione patrimoniale, come avviene anche per il deposito titoli, di per se stessa non è aggredita dal bail in. I titoli gestiti da una banca che fallisce non corrono alcun rischio a meno che l’investimento non abbia per oggetto proprio strumenti finanziari emessi dalla banca coinvolta nella crisi. In altri termini il bail in potrebbe interessare solo i singoli titoli detenuti in azioni od obbligazioni di una banca che apre la procedura di risoluzione delle crisi.  **************  

QUESITO  ho due conti correnti nella stessa banca, uno intestato a me come persona fisica ed un altro intestato alla mia impresa individuale. Volevo sapere se la tutela offerta dal fondo interbancario di tutela dei depositi, ovvero la garanzia è di 100.000 euro per ciascun depositante, va calcolata - separatamente su ciascuno dei due conti Oppure - congiuntamente cumulando i depositi dei 2 conti. Il dubbio mi sorge perché il conto intestato alla persona giuridica si riferisce ad una ditta individuale e non ad altri tipi di società (srl, spa ecc.).
RISPOSTA Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi conferisce  una copertura massima fino a 100.000 euro per depositante e per istituto di credito, quindi in caso si disponga di due conti da 100.000 € ciascuno in due banche diverse la garanzia è totale. Viceversa, la garanzia opera solo per 100.000 euro se i conti sono accesi presso la stessa banca. Nel caso prospettato dal lettore, titolare di due conti, uno intestato alla persona fisica e l’altro alla sua ditta individuale, ritengo non possa godere di una doppia garanzia, in quanto nelle ditte individuali l’impresa è identificata dalla persona del suo titolare. Pertanto si consiglia di trasferire il conto corrente presso un altro istituto, in modo che anche questo conto possa beneficiare della massima copertura di euro 100.000.  
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QUESITO  Con l'entrata in vigore delle norme sul "bail in" , relativamente alle polizze vita, in particolare di quelle di poste italiane, vi e' rischio per il risparmiatore?  
RISPOSTA A seguito di quanto stabilito dall’Unione bancaria europea, a decorrere dall’01/01/2016, in caso di fallimento di una banca entrerà in funzione il meccanismo bail in in base al quale non sarà più lo Stato di appartenenza della la banca ad intervenire, ma a provvedere al suo salvataggo saranno i risparmiatori: azionisti, obbligazionisti e correntisti secondo un preciso ordine. Dapprima si dovrà procedere alla riduzione del valore nominale delle azioni, poi delle obbligazioni subordinate, il cui rimborso non è garantito, successivamente delle obbligazioni non subordinate ed infine dei depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese. Invece i depositi di titoli non sono coinvolti in quanto tale nelle procedure di salvataggio, a meno che il paniere non abbia ad oggetto titoli delle banche in crisi, ed anche le somme investite in polizze assicurative non concorrono a ripianare le perdite delle banche in fallimento. Pertanto il lettore se detiene polizze vita non correrà alcun rischio.
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 QUESITO  Per un conto corrente cointestato e conto deposito cointestato la garanzia del fondo interbancario copre sino a 100000 euro o sino a 200000 euro dato che i conti sono cointestati?  
RISPOSTA  In data 01/01/2016 è entrata in vigore una nuova disciplina tesa ad regolare i dissesti bancari. Essa prevede che nel caso di decozione di Istituti di credito la collettività degli azionisti e i creditori soccorrano a ripianare le perdite della banca in crisi. La gerarchia dei crediti a rischio e dei soggetti chiamati ad intervenire in caso di insolvenza delle banche è la seguente: azionisti, obbligazionisti detentori di titoli subordinati, obbligazionisti detentori di titoli non subordinati ed infine depositanti con oltre 100.000. Nel caso di conti cointestati, la garanzia di 100.000 euro vale per ciascun titolare (100.000 euro a testa), se nessuno di essi però ha altri conti nella stessa banca. Nell’ipotesi, invece, di un singolo titolare di più conti le ipotesi sono due: se i conti sono nella stessa banca, la garanzia vale come se ci fosse un deposito unico per cui il totale è coperto fino al tetto massimo di 100.000 euro; se invece i due conti sono in banche diverse il cliente ha la stessa soglia di protezione pari a 100.000 euro per ciascun istituto di credito.
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QUESITO E' vero che il provvedimento salva conti fino a € 100.000 raddoppia in caso di conto corrente cointestato? Ad esempio moglie e marito? RISPOSTA Con la nuova disciplina entrata in vigore l’01/01/2016, è stato previsto che le perdite delle banche in crisi debbano essere assorbite da azionisti e creditori secondo il seguente ordine: azionisti, detentori di obbligazioni subordinate, detentori di obbligazioni non subordinate ed infine depositanti. In altri termine in forza della c.d. legge sul bail in per salvare le banche in crisi si potrebbe assistere ad una aggressione dei depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese. A fronte di tale pericolo è previsto comunque che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi assicuri un limite di copertura di 100.000 euro per ogni depositante. In altri termini è stata approntata una garanzia in forza della quale non potranno essere aggrediti i conti ove giacciono  somme di valore inferiore a 100.000 per depositante. Posto che la tutela offerta dal succitato Fondo è, appunto, per depositante, nel caso di un conto cointestato la garanzia è di 100.000 euro per ciascuno, a condizione che gli stessi titolari del conto cointestato non possiedano altri conti presso lo stesso istituto. Pertanto, come correttamente rilevato dal lettore, nel caso di conto corrente intestato a due coniugi la somma garantita ammonta a 200.000 euro.
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QUESITO Buonasera, mi chiamo andrea ho 2 figli minorenni ai quali ho aperto 2 libretti al risparmio  nominativi alla deutsche bank , questi sono garantiti ? (sono sotto 100,00 euro )  se lo sono  dall’Italia oppure fa fede la Germania nazione della banca ?
RISPOSTA Immagino che il quesito afferisca all’entrata in vigore dall’01/01/2016 della normativa per prevenire e gestire le crisi delle banche. Essa regolamenta anche il cosiddetto bail in, il "salvataggio interno" che potrebbe toccare anche i depositi. Ovviamente è previsto che i conti dei risparmiatori vengano intaccati solo dopo aver azzerato il valore nominale delle azioni, delle obbligazioni subordinate e delle obbligazioni non subordinate. In ogni caso, è previsto che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi preveda un limite di copertura per depositante che ammonta ad euro 100000. In altri termini i depositi di somme inferiori a 100.000 euro non potranno essere aggrediti per effetto della nuova normativa. Tale limite di copertura è applicato ad ogni banca aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e l’adesione ad esso è obbligatoria per tutte le banche italiane e per tutte le filiali italiane di banche extracomunitarie. Inoltre, anche i clienti delle filiali di banche comunitarie che aderiscono volontariamente al Fondo Interbancario godono della medesima garanzia di tutela delle somme non superiori ai 100.000 euro. Anche Deutsche Bank ha aderito al Fondo in questione per cui i due libretti al risparmio nominativi, che sono assimilati ai conti correnti, dei figli minorenni del lettore non sono assoggettabili alla disciplina del bail in.
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QUESITO Buongiorno vorrei un'informazione con l'entrata in vigore del bail in normativa dell'unione europea   dal primo gennaio 2016 che cosa succede a noi risparmiatori? Faccio un esempio se io ho centomila euro in una banca e centomila euro in un'altra banca  ho in totale duecentomila euro se una banca fallisce il fondo interbancario di garanzia mi restituisce le centomila oppure le perdo? Il fondo interbancario di garanzia tutela centomila euro per persona oppure se la stessa persona ha duecentomila euro in due banche che falliscono il fondo interbancario restituisce duecentomila euro? Oppure solo centomila?  Grazie in attesa di una vostra cortese risposta saluto cordialmente
RISPOSTA In caso di crisi di istituti bancari, onde evitare che intervengano gli stati a salvarli, i Paesi europei hanno previsto delle regole armonizzate per gestire tali dissesti imponendo il loro salvataggio da parte di azionisti e creditori secondo un preciso ordine. Innanzi tutto si dovrà procedere alla riduzione, totale o parziale, del valore nominale, fino alla concorrenza delle perdite, dapprima delle azioni, poi delle obbligazioni subordinate, successivamente di quelle non subordinate ed infine potranno essere aggrediti i depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese per la parte eccedente l’importo di euro 100.000 per ciascuna banca, protetto per legge dal fondo interbancario. Nel caso proposto dal lettore, quindi, se questi detiene un conto di 100.000 euro in una banca e un altro di altrettanti 100.000 euro in altra banca ed una di esse fallisce, tutti i suoi risparmi saranno protetti, perché la tutela dei 100.000 euro riguarda ciascuna banca. Lo stesso vale nel caso in cui intervenisse la crisi di entrambe le banche ove il lettore detenesse due conti di 100.000 euro in ciascuna banca.  ***********

QUESITO In questi giorni ho letto spesso sul vostro quotidiano che in caso di fallimento di una banca il fondo interbancario copre il c/c fino a 100.000,00 € però non viene mai specificato se i 100.000,00 € si riferiscono al singolo c/c o agli intestatari. Mi spiego meglio se il c/c è cointestato a due persone la somma tutelata da fondo interbancario diventa 200.000,00 € o rimane 100.000,00 ?
RISPOSTA L’01/01/2016 è entrata in vigore la direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directives), quella del c.d. bail in. Tale direttiva disciplina come risolvere le crisi delle banche ed essa prevede che il meccanismo di intervento  per salvare gli istituti in fallimento non sia più esterno (bail-out) ossia con ricorso all’intervento economico dello Stato, ma interno (bail-in), reperendo le risorse direttamente dagli azionisti, dagli obbligazionisti ed in ultima istanza dai correntisti della banca, in quest’ultimo caso per importi eccedenti la somma di euro 100000. A tutela dei correntisti titolari di somme fino a 100000 euro soccorre il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, a cui devono per legge aderire tutte le banche italiane. E’ prevista quindi una garanzia per i depositi di somme non superiori a 100.000 euro ed essa si intende per singolo correntista. Pertanto nel caso di conti cointestati la copertura fino ad euro 100.000 è assicurata per ogni singolo cointestatario. Conseguentemente, nel caso prospettato dal lettore, se i correntisti sono due la somma tutelata ammonta a complessivi euro 200.000.
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QUESITO Quando entrerà in funzione il bail-in sono chiamati a pagare per il salvataggio di una banca anche i titolari di depositi per la parte eccedente gli € 100.000,00.Desidero sapere: 1) sono interessati al salvataggio anche i titolari di libretti di deposito bancari e postali oltre ai titolari di conto corrente per la parte eccedente i € 100.000,00? 2)se si hanno più di due conti correnti nella stessa banca intestati, ciascuno, a tre persone, la tutela è di €300.000,00, considerando € 100.000,00 per ogni cointestatario? Grazie
RISPOSTA L’01/01/2016 è entrata in vigore la legge che prevede che in caso di crisi degli istituti bancari non debba essere più lo Stato a provvedere al loro salvataggio, ma saranno chiamati a risponderne gli azionisti, gli obbligazionisti ed in ultima istanza anche i correntisti che hanno depositi superiori ad euro 100.000 per la parte eccedente tale importo. La garanzia di tutela per i depositi fino a 100.000 viene offerta dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi a cui obbligatoriamente devono aderire tutte le banche italiane. Tale Fondo copre non solo i conti correnti, ma si estende anche ai libretti di deposito. Inoltre tale garanzia è per depositante, per cui copre l’importo di 100.000 euro a correntista, per ogni singola banca. Pertanto se un soggetto è titolare con altre persone di più conti correnti accesi nello stesso istituto, ogni cointestatario è tutelato per la somma massima di euro 100.000, per cui se i contitolari sono tre, la tutela assomma ad euro 300.000
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QUESITO Salve l'anno scorso ho contratto mutuo prima casa su banca adriatico con tasso variabile euribor 1 più spread 2,30%. ho dovuto attive il conto corrente che da gennaio 2016 diventerà a pagamento (8 euro al mese). pongo due quesiti: 1) posso dirottare l'addebito rata su altro conto che uso per tutto dove non ho spese? se si, adriatico mi applica spese di incasso? 2) potrei rinegoziare, oltre il conto, le condizioni vecchie con quelle nuove (spread 1,40% circa), se si come? o mi conviene surrogare al fisso su altra banca?
RISPOSTA In linea astratta non vi è alcun obbligo per il mutuatario di aprire e/o mantenere un conto presso la banca erogatrice del mutuo. Anzi, tale pratica è stata considerata addirittura scorretta. Tuttavia molti istituti continuano ad imporre tale condizione per la stessa concessione del finanziamento. Pertanto, per verificare se il lettore possa dirottare l’addebito della rata del mutuo su un altro conto, egli deve controllare il contratto di mutuo e controllare se è prevista tale facoltà, oppure se ciò sia espressamente escluso. Con riferimento all’applicabilità delle commissioni di incasso, anche qui bisognerebbe controllare le condizioni contrattuali sottoscritte e verificare se il contratto di mutuo prevede tali commissioni e/o la possibilità che siffatti costi possano essere applicati, e finanche variati nel tempo, unilateralmente dalla banca. Quanto alla rinegoziazione del mutuo, il mutuatario ha sempre la possibilità di chiederla alla banca, tuttavia perché essa avvenga deve intervenire un accordo con l’istituto di credito. In altre parole anche la banca deve essere d’accordo a rinegoziare il mutuo, in difetto ciò non risulta possibile. Pertanto, il suggerimento è quello di contattare la banca erogante per giungere ad una rinegoziazione delle condizioni di finanziamento e qualora la stessa non accetti di rinvenire un altro istituto per una eventuale surroga.
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QUESITO Buonasera, sono possessore di un mutuo con banca popolare di Vicenza dal 2009. Dopo qualche anno questo mutuo è stato cartolarizzato. Il mio quesito è il seguente: posso chiudere il mio rapporto con la banca che mi ha erogato il mutuo ed aprire un conto corrente con un'altra mantenendo però lo stesso mutuo (per me molto vantaggioso) che ora è di una società veicolo? cordiali saluti.
RISPOSTA Le operazioni di cartolarizzazione consistono, in buona sostanza, nella cessione da parte della banca mutuante dei propri crediti ad una società terza ed è previsto che le società che acquistano detti crediti individuino un soggetto qualificato che provveda a incassare tutte le somme dovute in relazione ai crediti ceduti e a corrisponderle al nuovo creditore. Tale soggetto qualificato è di norma la stessa banca cedente che ha erogato il mutuo. La cessione del credito non comporta, quindi, in questi casi cambiamenti gestionali o operativi per il cliente, così come rimangono invariate le condizioni sottoscritte in sede di stipulazione del contratto di mutuo. Precisato ciò, in astratto non vi è alcun obbligo per il mutuatario di aprire e/o mantenere un conto presso la banca erogatrice del vincolo, tuttavia molti istituti impongono tale condizione per la stessa concessione del finanziamento. Il lettore potrà pertanto verificare se il proprio contratto di mutuo preveda un siffatto obbligo a suo carico o meno ed in caso negativo potrà certamente chiudere il conto. Viceversa, qualora nel contratto di mutuo sia previsto l’obbligo di mantenere un conto presso la banca erogatrice del prestito, si consiglia il lettore di contattare la nuova società acquirente, c.d. società veicolo, per concordare con essa tale facoltà .
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QUESITO Vorrei conoscere il vostro parere sul tema dell'operatività del fondo interbancario per la tutela dei depositi relativamente ai libretti nominativi e ai c/c bancari accesi presso gli istituti di credito da parte dei curatori fallimentari e dei professionisti delegati alle vendite giudiziarie. In particolare, vorrei sapere se secondo voi tali depositi sono coperti o meno dal dal fondo in questione, ovviamente fino al limite di eur 100.000 per ciascuna Procedura a cui i depositi siano intestati. A me parerebbe di sì, in base all'art. 30, comma 2 dello Statuto del fondo, ove sono elencati i casi di esclusione.
RISPOSTA Si ritiene che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi operi anche per i libretti nominativi e i conti correnti bancari accesi presso gli istituti di credito da parte dei curatori fallimentari e dei professionisti delegati alle vendite giudiziarie, ovviamente nei limiti di euro 100000. Del resto l’art. 30, co. 2, dello statuto del Fondo prevede espressamente ed in maniera tassativa quali siano i casi di inoperatività della garanzia approntata dal Fondo medesimo. Inoltre, in linea generale, possono beneficiare della tutela del Fondo non solo i depositi delle persone fisiche, ma anche delle persone giuridiche, per cui si conviene con quanto sostenuto dal lettore.
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QUESITO Quesito: implicazioni residenza fiscale estera cittadino italiano su pre-esistente conto corrente presso banca italiana. Cittadino italiano, residente estero iscritto aire in paese extra-ue da oltre un anno. Divenuto fiscalmente residente all’estero, ottemperando ai criteri art. 2, Dpr n. 917/1986 (Tuir), e fiscalmente non-residente in Italia. Detengo conto corrente ordinario in regime amministrato presso banca italiana sottoposto al normale regime fiscale italiano. Conto corrente è preesistente la mia assunzione di residenza fiscale estera. Banca italiana comunica oralmente che sono obbligato a chiudere attuale conto corrente (per residenti fiscali in Italia) per aprirne uno di tipologia per non-residenti fiscali in Italia. Tale tipologia è molto costosa (gestione) con pesanti limitazioni operatività. Vorrei sapere il motivo di questo “obbligo” e la sua base giuridica. Siamo 4 milioni di italiani iscritti aire e fiscalmente non-residenti in Italia. Tutti obbligati a cambio?
 RISPOSTA I contratti che normalmente vengono proposti dagli istituti bancari e le condizioni ivi indicate presuppongono la stipulazione di contratti di conto corrente con persone residenti in Italia e sottoposte alla tassazione dello Stato italiano. Ai residenti, quindi, sono dedicate tutta una serie di condizioni. Tuttavia non vi è alcun divieto ad aprire un conto corrente in favore di soggetti fiscalmente residenti all’estero. Senonché, poiché la gestione di un conto acceso in favore di un soggetto fiscalmente non residente implica differenti procedure e metodiche, la banca pratica condizioni che prevedono l’applicazione di costi e commissioni più elevati. Infatti, solitamente la differenza di condizioni applicate non attiene in sé ai tassi di interesse passivo, che di norma sono conformati con quelli previsti per i residenti, bensì afferisce proprio alle commissioni e ai costi di gestione ed operatività del conto.

L'ASSEGNO POSTODATATO È COME UNA CAMBIALE. quesito 1040 tratto da Il sole 24 ore del 10 marzo 2008. BANCHE E CLIENTI Vorrei sapere perché le banche non possono accettare assegni postdatati dai propri clienti e quali sono i limiti di importo per gli assegni pagati allo sportello e quali i documenti di identificazione richiesti. E.F. -SALERNO.
L'emissione di un assegno postdatato, ovvero che presenta una data di emissione successiva a quella effettiva, è contraria alle norme imperative contenute nel Rd 21 dicembre 1933, n.1736, agli articoli 1 e 2, i quali rispettivamente stabiliscono che l'assegno bancario debba contenere l'indicazione della data e del luogo di emissione (articolo l, n. 5) e chè il titolo nel quale manchi uno alcuno dei requisiti indicati nell' articolo precedente non vale come assegno bancario (articolo 2, commar). L'assegno postdatato diventa a tutti gli effetti una cambiale della quale si è perevasa l'impostadi bollo. Quanto ai limiti di importo per gli assegni pagati allo sportello, la legge non ne prescrive, tuttavia i singoli istituti di credito stabiliscono autonomamente eventuali commissioni in caso di presentazione allo sportello di assegni di altri istituti e la necessità di avere un conto Corrente su cui far transitare l'assegno qualora esso superi determinati importi stabiliti dall'istituto. Ai fini dell 'incasso la banca può chiedere, qualora il soggetto non sia conosciuto presso l'istituto, i documenti che legittimano l'operazione ovvero valido documento di identità. A cura di Massimo Cavallari

IL SAGGIO DI INTERESSE PUÒ RIDURRE LA RESA DEL BUONO. quesito 1041 tratto da Il sole 24 ore del 10 marzo 2008. BANCHE E CLIENTI Ho riscosso il 2 gennaio 2008 u buono postale fruttifero emesso il 23 febbraio 1983, L'importo riscosso è stato di 2,724,74 euroanziché 6.012,57 euro come risulta da calcolo riportato sul retro del buono. È legalequesto rimborso dimezzato visto che sul buono non è scritto che il saggio d'interesse puòsubire variazioni? C'è un termine di scadenza per contestare l'eventuale illegalità? P. S. - CAMPOBASSO
Sul punto si è espressa recentemente la Corte di cassazione, a Sezioni unite, con sentenza n.13979/ 07. Essa ha confermato un precedente giurisprudenziale (Cassazione civile, sentenza n. 27809/05) dichiarando che i buoni fruttiferi postali devono essere consid erati titoli di legittimazione riconducibili alla previsione dell'articolo 2002, Codice civile e non quindi veri e propri titoli di credito. Ad essi, pertanto, non sono applicabili i principfidell'autonomia causale, dell'incorporazione e della letteralità, da cui normalmente sono contraddistmti i titoli di credìto. La legge 25 novembre 1974 n. 588 prevede che la tabella a tergo dei buoni, per i titoli i cui tassi fossero stati modificati con decreto del ministro del Tesoro di concerto con quello delle Poste e Telecomunicazioni, da pubblicarsi nella «Gazzetta Ufficiale » dopo l'emissione, era da intendersi integrata da.altra tabella (destinata evidentemente a riportare le accennate modifiche) messa a disposizione presso gli uffici postali. Ad avviso della Suprema Corte, pertanto, il sottoscrittore del buono fruttifero postale è edotto della possibile successiva variabilità del tasso di interesse, a deve comunque presumersi che di ciò sia edotto trattandosi di un elemento normativa caratterizzante tale génere di titoli. Ciò tuttavia non autorizza a svalutare totalmente la rilevanza delle diciture riportate sui buoni stessi le quali acquistano rilevanza qualora, come nel caso trattato dalle Sezioni unite della Cassazione, già al momento della consegna del titolo al sottoscrittore le condizioni dell'emissione fossero diverse da quelle che gli venivano prospettate mediante la consegna dei titoli così formulati. Quanto al termine di scadenza per l'eventuale illegalità si applicala disciplina di diritto comune. A cura di Massimo Cavallari

INTERESSI ANATOCISTICI: 10 ANNI PER LA DOMANDA: quesito 1042 tratto da Il sole 24 ore del 10 marzo 2008. BANCHE E CLIENTI - Il 16 gennaio 2007 ho richiesto, assistito da un legale, Il rimborso degli interessi passivi addebibatimi in c/c dal 4 aprile 1986 al16 luglio 2001 per anatocismo. Il 22 maggio 2007, l'istituto rispondeva al mio legale che l'eventuale azione di recupero non può prescindere dalla norma giuridica della prescrizione ovvero può eventualmente riferirsi ai soli l0 anni precedenti alla data della richiesta. La mia richiesta è comunque valida? Va integrata con i conteggi o questi sono a carico della banca salvo eventuale verifica da parte mia? G.D.G. - GATTINARA
In tema di conto corrente bancario, la domanda volta a ottenere larestituzione delle somme addebitate dalle bancheai clienti a titolo di interessi anatocistici su base trimestrale, va inquadrata giuridicamente nella fattispecie dell'indebito oggettivo (articolo 2033, Codice civile), giacché manca'la causa originaria del rapporto, con conseguente obbligo- di restituzione di quanto versato in esecuzione di un'obbligazione inesistente. L'azione per la restituzione delle somme indebitamente trattenute si prescrive nel termine di 10 anni (articolo 2946, Codice civile) che, secondo parte della giurisprudenza di legittimità e di merito (Cassazione, 9 aprile 1984 il. 2262; Tribunale di Bari, sezione II, 11 gennaio 2007) decorre dalla data di chiusura definitiva del rap porto atteso che il contratto per la disciplina di operazioni bancarie in conto corrente è un contratto unitario che dà luogo a un unico rapporto giuridico articolato in una pluralità di atti esecutivi, laddove i singoli addebitamenti o accreditamenti non danno luogo a distinti rapporti ma determinano solo variazioni quantitative dell'unico originario rapporto, sicché solamente con il saldo fmale si stabiliscono definitivamente i crediti ed i debiti fra le parti. li cliente avrà quindi diritto alla restituzione di tutte le somme indebitamente trattenute dalla banca durante tutta la durata del rapporto, i condizione che proponga domanda, con conseguente quantificazione del danno; entro dieci anni dalla chiusura del rapporto stesso. A cura di Massimo Cavallari


Domanda: E’ possibile che una banca chieda il rientro da un mutuo in quanto il collaterale in titoli a garanzia dello stesso si è svalutato ?

Risposta: Se sono sempre state pagate le rate del finanziamento nei termini concordati la banca non ha nessun diritto di pretendere il rientro immediato del complessivo importo corrisposto.
Infatti, specie se il finanziamento erogato consisteva in un mutuo è espressamente previsto all’art. 1819 c.c. che se è convenuta la restituzione rateale delle somme mutuate il mutuante potrebbe chiedere la restituzione immediata dell’intero importo soltanto qualora il mutuatario non adempia puntualmente al proprio all’obbligo di pagamento.
Pertanto, si ribadisce che se Lei versa sempre le rate secondo quanto contrattualmente pattuito la Banca non può certo chiederle di restituire immediatamente alcunché.
Si può ben comprendere che la banca, nella fattispecie concreta, tema di perdere le garanzie del finanziamento a seguito della performance negativa degli investimenti contratti a garanzia, ma di ciò la stessa è unica responsabile.

Domanda: In caso di fallimento della Banca cosa si rischia ?
Al fine di tutelare il risparmiatore ed assicurare stabilità al sistema bancario, è stata emanata una direttiva a livello europeo, la n. 94/19 CE, che prevede, in caso di dissesto dell'Istituto, la corresponsione di una somma minima garantita di euro 20.000 per singolo depositante, con franchigia del 10%. L'Italia, come quasi tutti i Paesi Europei, ha recepito tale normativa innalzando la soglia minima garantita ed eliminando l'insensata franchigia.
Più precisamente il Decreto Legislativo 4 dicembre 1996, n. 659, intitolato "Recepimento della direttiva 94/19/CEE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1996, con cui, appunto, il legislatore italiano ha recepito la succitata direttiva europea, prevede un limite massimo di rimborso, pari ad euro 103.291,38. Si evidenzia che tale garanzia è assicurata per ciascun “depositante” e non per “deposito”, di talché in caso di contestazione tra due soggetti la somma verrà raddoppiata.
Questo denaro proviene dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, cui aderisce normalmente le banche. Alcune banche on line, inoltre, hanno un rischio sui crediti quasi nullo in quanto gestiscono masse destinate agli investimenti dei correntisti e non a finanziare terzi.
Quanto alla tempistica, almeno 20.000 euro (quelli previsti dalla direttiva europea) devono venire erogati entro tre mesi dal fallimento della banca ed il residuo verrà corrisposto secondo le modalità stabilite dagli organi di governo del Fondo

Mentre i conti ed i depositi bancari sono garantiti, in caso di insolvenza della banca, dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, i libretti postali sono garantiti dalla Cassa di Depositi e Prestiti S.p.A.
Trattasi di società per azioni costituita il 12 dicembre 2003, in applicazione del D.L. 30 settembre 2003 N. 269, controllata per il 70% del capitale sociale dal ministero dell'Economia e delle Finanze, mentre il restante 30% è detenuto da diverse Fondazioni, soprattutto bancarie.
E' per questo che si dice che il livello di garanzia dei libretti postali sia quindi del tutto assimilabile a quello offerto dai Titoli di Stato Italiani. Inoltre, non possiamo dimenticare che Poste Italiane S.p.A. è una società per azioni il cui capitale è detenuto dallo Stato italiano per il 65% e dalla Cassa Depositi e Prestiti per il 35%. Ne consegue che dal punto di vista della sicurezza i conti correnti e i depositi postali non corrono alcun rischio e sono perfettamente al sicuro in quanto garantiti dallo Stato.

Le Banche di Credito Cooperativo sono sostanzialmente le ex Casse Rurali ed Artigiane, Banche che da sempre hanno e mantengono uno stretto rapporto con le comunità di riferimento, tanto che la loro vocazione di sviluppo del territorio ove sono radicate ne ha fatto meritare l'appellativo di "banche
locali". Nonostante ciascuna Banca sia un soggetto giuridico a se stante esse si sono comunque strutturate in un sistema nazionale che prende il nome di Credito Cooperativo ed inoltre le Banche di Credito Cooperativo italiane sono inserite nel più ampio sistema del Credito Cooperativo internazionale .
Per rispondere al quesito posto, si rileva che non vi è certo maggior rischio se i titoli di stato sono stati acquistati e vengono detenuti presso una Banca di Credito Cooperativo. Anzi si rileva che le Banche di Credito Cooperativo hanno costituito un Fondo di Garanzia Istituzionale (FGI), che genererà numerosi vantaggi, a beneficio dei soci e della clientela. Il Fondo, infatti, offre una tutela "globale" per i risparmiatori, soci e clienti in genere, delle BCC in relazione a tutti i crediti che questi vantano nei confronti della propria banca. Tutela aggiuntiva a quella, obbligatoria per legge per tutti gli istituti di credito, che garantisce i depositanti fino alla somma di 103 mila euro.

L’art. 100-bis (Circolazione dei prodotti finanziari) così testualmente recita: 1. Nei casi di sollecitazione all'investimento di cui all'articolo 100, comma 1, lettera a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all'estero, gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto previsto ai sensi dell'articolo 21, rispondono della solvenza dell'emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di un anno dall'emissione. Resta fermo quanto stabilito dall'articolo 2412, secondo comma, del codice civile.

 



In forza di tale norma, quindi, con riferimento a prodotti senza prospetto informativo, gli investitori professionali che li hanno acquistati –e quindi anche gli istituti di credito-, per essere esonerati da responsabilità di insolvenza dell’emittente, possono: 1) rivendere i titoli unicamente ad altri investitori professionali; 2) tenere in portafoglio i titoli per almeno un anno prima di rivenderli agli investitori non professionali c.d. retail; 3) consegnare ai clienti retail un documento informativo del prodotto finanziario.

Qualora invece decidessero di alienarli ad investitori retail prima di un anno dall'emissione del titolo senza fornire il relativo prospetto informativo, essi saranno tenuti a rispondere dell’eventuale insolvenza dell'emittente se intervenuta entro un anno dall’emissione.

Ovviamente qualora la Banca si rifiutasse di rendere la documentazione necessaria per consentire al cliente di verificare la corretta ottemperanza a tale disposizione sarà necessario in primo luogo sporgere apposito reclamo. Qualora l’istituto entro tre mesi non desse risposta sarà necessario rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, segnalando, magari, detto comportamento all’organo di vigilanza bancaria.
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Domanda:
quali sono i tempi di prescrizione nel caso di un prestito erogato ma le cui rate non sono state restituite perché mai portate all'incasso dal creditore? e se oggi ne venisse chiesto l'incasso il tempo trascorso si può considerare una vacanza contrattuale di tacito accordo?
grazie,anche a voi tanti saluti


Risposta:
La prescrizione é un mezzo con cui l'ordinamento giuridico opera l'estinzione dei diritti quando il titolare non li esercita entro il termine previsto dalla legge (codice civile, art.2934 e segg.) e detto istituto ha la sua ratio a) in un interesse pubblico di dare certezza ai rapporti giuridici; b) in un prevalente interesse individuale della liberazione di vincoli di subordinazione a fronte del mancato esercizio del titolare di un diritto in un determinato tempo.

La prescrizione decorre dal giorno in cui si può far valere il diritto e termina quando si è compiuto l'ultimo giorno. Il calcolo dev'essere fatto considerando il calendario comune (quindi comprendendo sabati e festivi) e non deve considerare il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine.

Con riferimento alle rate di mutuo o finanziamento e -in generale- pagamenti rateali, il termine di prescrizione è di 5 anni (art. 2948 c.c.) che decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere e quindi dalla loro scadenza.

Durante tale termine, il creditore può comunque interrompere in qualsiasi momento il termine di prescrizione con una semplice lettera raccomandata di messa in mora. In questi casi il termine inizia a decorrere ex novo.
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Domanda: per anatocismo c’è prescrizione?

Risposta: La clausola che consente la capitalizzazione trimestrale degli interessi, quand’anche contenuta nel contratto sottoscritto con la banca, deve essere dichiarata nulla in quanto illegittima.

Nullità che è stata confermata in maniera definitiva dalla sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione a Sezione Unite (n. 21095 07/10-04/11/04).

La sentenza in oggetto ha ribadito che l’illegittimità della clausola che prevede la capitalizzazione trimestrali degli interessi passivi discende dall’inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare ai limiti previsti dall’art. 1283 c.c. per la produzione degli interessi (con ciò confermando quanto già espresso con le note sent. Cass. Civ. n. 2374/99; Cass. Civ. 3096/99; 12507/99).

Pertanto, nel caso proposto dall’inserzionista egli potrà adire l’Autorità Giudiziaria competente affinché venga dichiarata la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi per contrasto con l’art. 1283 c.c. e affinchè gli sia riconosciuto il diritto alla ripetizione delle somme versate a tale titolo e non dovute dalla banca.

Con riferimento ai termini prescrizionali, se l’azione di nullità è imprescrittibile, l’azione di ripetizione delle somme versate e non dovute, secondo la giurisprudenza maggioritaria si prescrive in 10 anni a decorrere dalla data di chiusura del rapporto.
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Domanda: la banca può bloccare il conto del de cuius?

Risposta: Se il conto corrente è intestato a più persone con possibilità di operare “a firme disgiunte” e decede uno dei cointestatari del conto viene applicata la clausola generale, solitamente presente in tutti i contratti, in forza della quale, nel caso di morte o di sopravvenuta incapacità di agire di uno dei cointestatari del conto, ciascuno degli altri cointestatari conserva il diritto di disporre separatamente sul conto. Analogamente lo conservano gli eredi del cointestatario, che saranno però tenuti ad esercitarlo tutti insieme, ed il legale rappresentante dell’interdetto o inabilitato. Solo qualora uno degli intestatari o degli eredi dovesse fare opposizione in merito alla gestione e ai poteri di firma operativi sul conto corrente, la Banca per movimentare il conto medesimo dovrà pretendere la firma congiunta di tutti i titolari (vecchi e nuovi). In altre parole, se, come nel caso di colui che ha posto il quesito, c’è un accordo nella gestione del conto corrente la banca dovrà consentire la continuazione della normale operatività. Se, viceversa, sorgono problemi tra i vari cointestatari, la banca potrà pretendere la sottoscrizione di tutti i contitolari in relazione ad ogni ordine ad essa impartito riguardante il conto corrente.
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Domanda: recentemente ho, incautamente, fornito un impegno di garanzia, insieme ad un’altra persona, per la stipulazione di un mutuo da parte di un mio amico. Ora mi sono resa conto della eccessiva superficialità con cui mi sono prestata a fornire tale garanzia ed io ed il mio amico, in accordo, vorremmo trovare il modo di toglierla dal contratto di mutuo, in modo tale che rimanga garante solo la garanzia dell’altra persona. E’ possibile? In una eventuale surroga presso un’altra banca potrebbe essere riformulato il contratto?

Risposta:
In forza di sottoscrizione di fideiussione bancaria colei che ha posto il quesito si è impegnata a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui, vincolandosi personalmente verso il creditore. Ne consegue che il fideiussore è solidalmente tenuto con il debitore principale all’esatto adempimento delle obbligazioni assunte da quest’ultimo nei confronti del creditore. In altri termini in caso di inadempimento del debitore principale il creditore può rivolgersi nei confronti del fideiussore per essere soddisfatto. Dopo essersi impegnato, il fideiussore potrà svincolarsi dal suo obbligo solo qualora il creditore accetti di liberarlo, ovvero solitamente qualora a fronte della liberazione del fideiussore, si offra altra idonea garanzia.

In caso di surroga del mutuo è a discrezione della banca surrogante decidere se liberare il fideiussore o meno e nel caso in cui non si rinvenga un istituto surrogante determinato ad emancipare il fideiussore, la soluzione, quand’anche più onerosa, potrebbe essere quella della sostituzione del mutuo, con possibilità quindi di ampia rinegoziazione di tutte le condizioni del mutuo medesimo.
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Domanda: Ho ricevuto una risposta negativa dal direttore generale della bcc di piove di sacco (pd) al reclamo scritto di ottenere il pagamento del mutuo tramite rid presso un altro istituto per estinguere il conto. Chiedo:
- ci sono articoli di legge che regolano queste pratiche? Se si quali?
- Può negarmi questa richiesta visto che altre bcc della zona svolgono tale pratica normalmente?
- Può chiedermi un eventuale incasso rata al rid?


RISPOSTA
Per Rid bancario (rapporto interbancario diretto) si intende quella forma di pagamento mediante la quale il cliente ordina alla banca un addebito automatico sul proprio conto corrente. Più precisamente, esso si attua mediante una delega del correntista a favore della banca, la quale si obbliga a effettuare tempestivamente tutti i pagamenti a carico del proprio cliente. Tramite tale mezzo di pagamento, si può quindi disporre il prelevamento automatico per provvedere anche al versamento mensile della rata del mutuo. Nulla osta, pertanto, in linea di principio a che colui che il lettore estingua il conto con la banca erogatrice del mutuo e provveda al pagamento del prestito mediante Rid, soluzione che ovviamente gli consentirebbe di abbattere i costi di compresenza di più conti correnti. È però necessario che questi verifichi che il contratto di mutuo non preveda qualche divieto in merito. Infatti, molte banche inseriscono nei contratti di mutuo delle clausole limitative di tale facoltà imponendo il pagamento delle rate mediante addebito su un conto corrente della banca, vincolando così il cliente a mantenere il conto corrente per tutta la durata del mutuo. Nel caso di specie, quindi, l’unico valido motivo di diniego di tale mezzo di pagamento da parte della banca è una diversa previsione contrattuale che imponga il mantenimento del mutuo presso la medesima banca erogatrice del prestito.

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Domanda: Ho rateizzato una parte irpef 2010  (20.000 euro) con equitalia. Ora vorrei chiedere un mutuo per ristrutturare una casa . La banca chiede i versamenti f24 irpef 2010. Posso portare la documentazione che attesta la rateizzazione in corso? Il fatto di avere una rateizzazione costituisce pregiudiziale per la concessione del mutuo? Premetto che ho un imponibile di circa 70.000 euro da lavoro e di altri circa 25.000 da affitti. Ho un immobile al 100% e altri 4 al 50%.

RISPOSTA
Il fatto che il lettore abbia chiesto ed ottenuto di rateizzare una parte di irpef 2010 (circa 20.000 euro) con equitalia, a nulla rileva per la banca che deve erogargli il mutuo se egli risulta comunque solvibile ed in grado di fornire garanzie alla banca per la restituzione dell’importo prestato. Infatti il requisito principale per poter accedere ad un mutuo è la capacità di rimborso. Del resto, nella fattispecie che qui ci occupa, non è specificato l’importo richiesto alla banca, tuttavia, se la banca, in forza dei documenti che comunque di solito chiede prima di concedere un prestito (es: contratto di lavoro, busta paga, dichiarazioni dei redditi) ritiene che il cliente possa pagare puntualmente le rate, non ha nessun interesse a non prestarlo.
Diverso sarebbe il discorso se il lettore fosse segnalato come cattivo pagatore.
Infatti, esistono dei sistemi di informazioni creditizie cui le banche attingono e dai quali verificano se il cliente ha in corso altri finanziamenti e soprattutto se paga o ha pagato regolarmente le rate.

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Domanda: Una banca blocca il fido al cliente e gli impone il rientro. Nelle more del rientro (circa quattro anni) e dopo che  è avvenuto, la banca è tenuta ad inviare estratto conto almeno una volta l'anno?
La banca deve comunicare al cliente se la somma inviata è esaustiva o permane ancora uno scoperto?
Il testo unico bancario e il codice civile cosa contempla in questi casi? Le norme previste, sono tassative e impugnabili in punta di diritto?


RISPOSTA
L’art. 119 del TUB stabilisce che nei contratti di durata (quelli cioè destinati a regolare un rapporto nel tempo con una serie di prestazioni e controprestazioni, come ad esempio il conto corrente) le banche e gli intermediari finanziari forniscono per iscritto al cliente, alla scadenza del contratto e in ogni caso almeno una volta l’anno, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto.
Ebbene, per rispondere alla domanda del lettore bisognerebbe capire se il rapporto di conto corrente si è estinto o meno.
Se la Banca ha infatti risolto il rapporto chiedendo l’immediato rientro o concordando un piano di rientro, in questo caso non credo sussista e/o permanga per essa alcun obbligo di rendicontazione.
Viceversa, nel caso in cui il rapporto con la banca sia ancora in essere allora persiste l’imposizione di cui all'art. 119 TUB.
 
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Domanda: Recentemente mi sono recato in una banca per aprire un conto corrente. L'impiegato mi ha chiesto di firmare l'autorizzazione al trattamento dei dati personali; in essa vi erano le clausole seguenti con le risposte "acconsento" già selezionate: prima clausola: "acconsento al trattamento dei miei dati personali, da parte della banca, per finalità promozionali e pubblicitarie". Seconda clausola: "acconsento al trattamento dei miei dati personali, da parte di società terze, per finalità promozionali e pubblicitarie". Alle mie rimostranze l'impiegato ha detto che se non davo il consenso alle due clausole non poteva aprire il conto corrente. La banca può porre un "aut aut" del genere   (su clausole non indispensabili per l'apertura del conto)? Se non può, il cliente come può difendersi?

RISPOSTA
A seguito di numerosi reclami posti dai clienti delle banche in materia di privacy, il Garante è intervenuto con la deliberazione n. 53 del 25 ottobre 2007, un provvedimento a carattere generale che fissa le garanzie per il corretto uso dei dati personali dei clienti da parte di banche ed operatori postali. In particolare il Garante ha chiarito alcuni aspetti del trattamento di tali dati e all’art.2. ha espressamente sancito il rispetto dei principi di protezione dei dati personali. Inoltre, è stato precisato che tali dati “possono essere trattati dalla banca solo per perseguire finalità legittime (quali, ad esempio, quella di dare esecuzione al rapporto contrattuale o soddisfare obblighi derivanti dalla legge), osservando tutte le disposizioni della vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali”. E’ stato inoltre sancito il principio in forza del quale la richiesta di dati personali deve sempre essere pertinente e non eccedente.  In tale ottica la banca ha certamente la necessità di chiedere il consenso al cliente per trattare i suoi dati per finalità promozionali e pubblicitarie e per cedere tali dati a società terze, ma non è minimamente autorizzata a subordinare tale consenso alla concessione dei propri servizi quali ad esempio quello dell’apertura di un conto corrente. In tal caso al cliente non resta che cambiare istituto, oppure esporre apposito reclamo scritto chiedendo contezza di tale comportamento.
 

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Domanda: Premesso che ero socio della società di mio padre dichiarata fallita, ora sono amministratore di una srl, chiedo se è normale che una banca con la quale lavoro "su basi attive" da ormai più di 2 anni aggiungo senza creare il minimo problema mi chiuda il conto senza darmi spiegazioni. Anche perché  da una parte esiste una legge che non mi permette di usare i contanti dall'altra la banca non mi permette di usare i miei soldi suo tramite. Grazie

RISPOSTA
Il contratto di conto corrente è un contratto di durata e salvo diversa pattuizione è a tempo indeterminato.
Inoltre, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della Legge n. 248/2006, il cliente ha la facoltà di recedere in qualsiasi momento, senza penalità e senza spese di chiusura.
Analoga facoltà di recesso spetta alla Banca. L’art. 1845 c.c. prevede infatti che “se l'apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.
Comunque atteso il principio secondo cui il contratto deve essere eseguito secondo buona fede non può escludersi che il recesso di una banca dal rapporto di apertura di credito, sia da considerarsi illegittimo ove in concreto riveli i caratteri dell’imprevedibilità e dell’arbitrarietà. Al riguardo la Suprema Corte, infatti, con sentenza n. 4538 del 21/05/1997, ha avuto modo di affermare che “Alla stregua del principio secondo cui il contratto deve essere eseguito secondo buona fede (art. 1375 cod. civ.), non può escludersi che il recesso di una banca dal rapporto di apertura di credito, benché pattiziamente consentito anche in difetto di giusta causa, sia da considerarsi illegittimo ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari. Tali connotati devono, cioè, contrastare con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai rapporti usualmente tenuti dalla banca ed all' assoluta normalità commerciale dei rapporti in atto, abbia fatto conto di poter disporre della provvista redditizia per il tempo previsto e che non può pretendersi essere pronto in qualsiasi momento alla restituzione delle somme utilizzate, se non a patto di svuotare le ragioni stesse per le quali un' apertura di credito viene normalmente convenuta”.
 

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Domanda: Negli ultimi tre anni  una delle priorità per chi si trova a gestire una  microimpresa è stato il controllo e la razionalizzazione dei costi bancari. Sicuramente è stata di fondamentale importanza veder sparire dai nostri estratti conto la tanto odiata commissione di massimo scoperto. Finalmente ci è sembrato di poter sostenere un costo del denaro proporzionato e controllabile. Purtoppo tre mesi fa il direttore di filiale ci ha convocato per comunicarci che dal terzo trimestre 2012 avrebbero applicato la "nuova" commissione di disponibilità fondi sul fido complessivo ( apertura di credito c/c, anticipo riba e fatture) e per ogni liquidazione trimestrale che tradotto in euro significa un aggiuntivo costo bancario compreso tra 2000/3000 euro annui a prescindere dall'effettivo utilizzo del fido in questione. E' possibile sfuggire al consueto salasso bancario ? E' possibile per un paese crescere senza un sistema bancario "virtuoso" e "solido"?

RISPOSTA
Come osservato dal lettore nell’anno 2009 veniva sancita la nullità della commissione di massimo scoperto. Tuttavia le Banche hanno comunque ben presto potuto nuovamente beneficiare dell’ingente fonte di ricavo determinata dallo scoperto in cui versano i propri clienti. La L. 2/2009 ha infatti introdotto, per i conti con fido, la possibilità di prevedere, in alternativa alla CMS, un corrispettivo per la messa a disposizione di fondi, purché onnicomprensivo e proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento, corrispettivo per il quale il D.L. 1/07/2008 n. 78, disposto che il suo ammontare non possa comunque superare lo 0,5%, per trimestre, dell’importo dell’affidamento. Su tale materia è poi intervenuto l’art. 6bis L.214/2011 che, novellando l’art. 117 bis del TUB, ha previsto per i conti correnti affidati quali unici oneri a carico del cliente: a) una commissione sull’accordato onnicomprensiva che non può superare per trimestre lo 0,5% della somma messa a disposizione del cliente; b) un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate. In caso di conti correnti non affidati, ovvero in caso di sconfinamenti del fido, è stata prevista a) una commissione in misura fissa; b) un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento. Solo in questi termini le banche possono applicare commissioni di remunerazione di affidamenti e sconfinamenti, con l’ulteriore precisazione che dette commissioni devono essere contrattualmente previste e che sono nulle tutte le clausole che prevedono a carico del cliente oneri ulteriori rispetto a quelli consentiti per legge.

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Domanda: Unicredit, anche per l'anno 2012, propose in promozione l'offerta di due pacchetti di deposito a risparmio denominati moneyplusflexi e salvadanaio. Il solo conto mpflexi pubblicizzava però che il bollo non era dovuto, perché, cosa del resto abbastanza diffusa e oggetto di confronto e paragone con altre banche, direttamente pagato dall'unicredit che si sostituiva al cliente sottoscrittore. Bollo comunque contabilizzato a mio carico e la direzione centrale dell'unicredit cita il decreto attuativo del 24 maggio 2012. Il decreto monti entrava in vigore il 01 01 2012 compresa l'imposta di bollo sui prodotti finanziari; dei due conti deposito unicredit solo il mpflexi precisava che i bolli non erano dovuti; alcuna proposta di modifica al contratto è stata inviata dopo il 24 maggio 2012. Il "modus operandi" di unicredit rispetta la normativa vigente in materia di pubblicità e trasparenza o è invece da censurare?  Pubblicità sito internet unicredit disponibile

RISPOSTA
Innanzi tutto il cliente per verificare la correttezza dell’operato di Unicredit deve confrontare il comportamento dell’Istituto e le condizioni generali di contratto dallo stesso sottoscritte. Se vi è difformità allora il comportamento della Banca è senz’altro censurabile per responsabilità contrattuale. Viceversa, nel caso in cui Unicredit abbia pubblicizzato un prodotto in quanto avente determinate caratteristiche ed invece lo stesso non le possedeva, allora in questo caso il cliente si può dolere per la pubblicità ingannevole. In particolare, in materia bancaria – finanziaria, è importante sapere che un documento informativo su un determinato prodotto e con finalità promozionali, dunque una “reclame” pubblicitaria, deve comunque riportare tutte le informazioni rilevanti ai fini della scelta d’investimento.
Con riferimento ai vari comportamenti di pubblicità ingannevole essi sono stati riassunti dalla Consob in una sorta di decalogo: 1) l’uso di espressioni non pienamente conformi alle effettive caratteristiche dell’investimento, come ad esempio, l’uso di espressioni quali “investimento semplice”, “sicuro” o “senza rischio”; 2) il ricorso a termini che enfatizzino i vantaggi connessi con l’investimento, omettendo gli eventuali rischi. Ad esempio: l’indicazione del tasso cedolare senza specificare l’esistenza di un rischio cambio; la mancata indicazione della natura subordinata del titolo… 3) l’utilizzo di modalità grafiche particolari per enfatizzare i vantaggi rispetto ai rischi; 4) nel caso siano pubblicizzati più prodotti finanziari diversi, l’enfatizzare i vantaggi di alcuni di questi ingenerando così la convinzione che gli stessi siano applicabili a tutti; 5) l’evidenziare, anche con diverse modalità grafiche, i soli tassi cedolari massimi conseguibili quando la misura delle altre cedole è aleatoria o inferiore; 6) l’utilizzo di denominazioni che possano risultare imprecise e potenzialmente idonee a indurre in errore gli investitori in merito alle principali caratteristiche del prodotto finanziario; 7) l’omessa indicazione, quando gli strumenti finanziari sono collocati direttamente sul mercato, della circostanza che il rendimento può variare in funzione del prezzo di negoziazione sul mercato; 8) l’omessa indicazione che il prodotto pubblicizzato non è destinato alla negoziazione in nessun mercato; 9) l’omessa menzione, nel caso si riporti il rendimento del titolo, che questo è a scadenza e se si configura al netto o al lordo di costi e/o oneri espliciti a carico dell’investitore; 10) l’inserimento di informazioni, espressioni o termini che possano contraddire o integrare le informazioni riportare nel prospetto.

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Domanda: Mia madre è comproprietaria assieme ad altri suoi fratelli per una quota pari ad 1/10, di un piccolo terreno dato in affitto.
Il conduttore assolvendo al canone pattuito paga con assegni non trasferibili di conto corrente ciascuno per la propria quota e per questo riceve un assegno di 100/00 euro.
Poiché è anziana con pensione minima non ha dovuto assolvere l'obbligo di aprire un c/c e non potendo più uscire perché non più in grado di farlo come potrà cambiare l'assegno ricevuto?


RISPOSTA
Purtroppo non c’è possibilità di cambiare l’assegno ricevuto, e sua mamma dovrà rassegnarsi a chiedere una diversa modalità di pagamento.
Potrà altresì chiedere che il pagamento avvenga in contanti, perché il suo ammontare è al di sotto della soglia prevista per i pagamenti in denaro.
Potrà poi per esempio chiedere che il versamento venga eseguito tramite vaglia postale, attraverso il quale si può trasferire del denaro in maniera rapida da qualsiasi ufficio postale a un beneficiario anche privo di conto corrente sia esso bancario o postale.
 

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Domanda: nel 2009 ho sottoscritto una obbligazione del credito artigiano per l'importo di euro 50.000 con scadenza in aprile del 2014 – Cod isin it 0004481922
- avrei estrema necessità di vendere ora, prima della scadenza, ma la banca emittente mi conferma che non è quotata sul mercato ufficiale dei titoli, appartiene ad una serie speciale e la banca non può ritirarle direttamente.
Sul regolamento del prestito, esente dall'obbligo di prospetto informativo, non viene menzionato nulla per quanto riguarda l'impossibilità di ritiro da parte della banca.
Chiedo un consiglio avendo necessità di smobilizzo.


RISPOSTA
Evidentemente il lettore ha acquistato un’obbligazione non quotata nei mercati regolamentati, per la quale non era previsto un rimborso anticipato del credito e nel contempo la banca non si è impegnata a negoziare essa stessa tali strumenti finanziari in contropartita diretta. Essa in questo caso potrà unicamente attivarsi per collocarle sul mercato.
Purtroppo colui che ha posto il quesito sconta il c.d. rischio di liquidità che è uno dei fattori che devono essere valutati in sede di acquisto delle obbligazioni, ovvero il rischio di non riuscire a vendere uno strumento finanziario in ogni tempo quando si ha bisogno di denaro contante.
Una qualche responsabilità della banca si potrà invece ravvisare qualora la stessa abbia proposto l’acquisto dell’obbligazione in questione fornendo rassicurazioni in ordine alla facile liquidazione dello stesso anche prima della naturale scadenza del titolo.
 
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Domanda: Possediamo una snc, la quale detiene un bene immobiliare strumentale di proprietà(albergo con piscina),sul quale bene immobile, sono state accese diverse ipoteche volontarie a favore di istituti di credito con i quali un socio aveva contratto un mutuo intestato a se stesso(persona fisica). Successivamente, tale mutuo è stato decurtato, stipulando 2 successivi mutui intestati alla snc (con ipoteca sempre sul medesimo bene. Trattasi di stesso istituto dii credito). A questo punto, l'ammontare totale dell'iscrizione di ipoteca sul bene(albergo con piscina),relativo ai 3 mutui, è enormemente sproporzionale rispetto al debito residuo ipotecario(debito 1.3:totale ipoteca3.4).Pur essendo censita come ipoteca "per convenzione", è possibile rimodulare il valore delle ipoteche iscritte, a prescindere dal concetto in uso "estinzione 1/5 del debito originario, con proporzionale revisione somma iscritta ipoteca"?

RISPOSTA

Per evitare che un creditore iscriva ipoteca per una somma molto più alta del proprio credito o su una quantità eccessiva di beni, l’art. 2872 c.c. e seguenti stabiliscono che le ipoteche possono essere ridotte e ciò anche restringendo l’iscrizione ad una parte soltanto di beni. Si tratta di una regola simile a quella prevista per la riduzione dl pignoramento. Tale restrizione può aversi anche quando l’ipoteca ha per oggetto un solo bene, purché lo stesso abbia parti distinte o tali che si possano comodamente distinguere.
Presupposto per la riduzione è poi che la somma determinata dal creditore nell’iscrizione ecceda di un  quinto quella dovuta.
Senonché, l’art. 2783 c.c. al primo comma stabilisce espressamente: “Non è ammessa domanda di riduzione riguardo alla quantità dei beni né riguardo alla somma, se la quantità dei beni o la somma è stata determinata per convenzione o per sentenza”. E’ la stessa lettera della legge, quindi, ad escludere la possibilità di restrizione dell’ipoteca qualora la quantità dei beni sia stata determinata “per convenzione”, come nel caso proposto dal lettore. Per l’effetto di tale norma, l’istituto della riduzione/restrizione ha un campo di applicazione ristretto, poiché, per le ipoteche contrattuali essa resta esclusa, allorché la convenzione, che è fonte dell’ipoteca, contenga l’indicazione della quantità dei beni sui quali deve cadere l’iscrizione, o l’indicazione della somma per la quale l’ipoteca può essere iscritta.
 

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Domanda: A seguito di controversia con una banca mi sono rivolto all'organismo di conciliazione bancaria; la banca, come avviene regolarmente, non si è presentata al procedimento di mediazione;  poiché a questo punto non rimane che affrontare i tempi e i costi di una causa desidererei avere risposta alla domanda che mi sono posto:" di quale utilità è il servizio offerto dal conciliatore bancario ? ha senso lasciare in essere tale associazione  così impostata ?"

RISPOSTA
Il conciliatore bancario è un organismo che svolge funzione mediatizia tra le parti, le quali si rivolgono ad esso per definire bonariamente una controversia tra di loro insorta. Investito del caso, il mediatore, soggetto imparziale, avrà quindi il compito di cercare che le parti raggiungano un accordo.
Il ricorso a tale procedura ha determinati vantaggi, quali soprattutto il costo contenuto o addirittura azzerato, e la rapidità dei tempi. Tuttavia affinché esso possa sortire alcun effetto è necessario che entrambe le parti vi aderiscano, atteso che non è una procedura obbligatoria.
Senonché, sempre più spesso, effettivamente, si assiste al fatto che le banche disdegnino tale procedura, non aderendovi e non partecipando ad essa. Ciò per cercare di far desistere il cliente da qualsivoglia pretesa nei suoi confronti, atteso che la sua unica alternativa sarebbe quella di ricorrere alla giustizia ordinaria, con i suoi lunghi tempi ed onerosissimi costi.
 
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Domanda: Con il decreto salva italia non è obbligatorio legare un nuovo mutuo ad un c/c anzi tale pratica è addirittura considerata scorretta, ma questo vale anche per i vecchi mutui già legati ad c/c? E' legittimo per il consumatore chiederne la chiusura?

RISPOSTA
Il decreto Salva Italia sancisce espressamente che: "E' considerata scorretta la pratica commerciale di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all'apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario".
Ratio della norma, è quindi quella di impedire che la banca imponga di intrattenere un rapporto di conto corrente, sostenendone i relativi costi (e correlativi guadagni per l'istituto), unicamente per appoggiare il pagamento delle rate del mutuo.
Infatti il mutuatario, anche in assenza di conto corrente, può comunque agevolmente corrispondere le rate del prestito mediante bonifico bancario o altre forme di pagamento.
E’ ben vero che la lettera della norma nulla dice per i contratti già in essere, tuttavia il fatto di chiamare addirittura “scorretta” la prassi commerciale della banca di imporre l’apertura di un conto corrente presso di essa al momento della stipula -dimostrando chiaramente così l’assoluta deprecabilità di tale pratica, ritengo possa far derivare che anche per i rapporti già in corso non possa impedirsi al consumatore di chiedere la chiusura del conto legato al mutuo.