Società controllate estere CFC

 

Società controllate estere

L’art. 4 D. Lgs. 142/2018 ha riscritto l’art. 167 Tuir relativo alle controlled foreign companies (CFC).

Rimane inalterato il principio di fondo: se un soggetto (di qualunque natura giuridica) residente in Italia controlla società o enti esteri a regime privilegiato, il reddito di tali soggetti esteri è tassato in Italia per trasparenza (quindi, nell’esercizio in cui è prodotto, indipendentemente dall’effettiva percezione). Rispetto al regime in vigore fino al 2018, tuttavia, cambiano:

  • i presupposti a fronte dei quali la società o ente estero è qualificato come CFC;
  • le circostanze che permettono di disapplicare la disciplina.

QUALIFICAZIONE

DELLA

CONTROLLATA

ESTERA

COME CFC

 
  • Fino al 2018 erano qualificate come CFC:
  • le società (non comunitarie) con livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quello italiano;
  • le società (anche comunitarie) con livello di tassazione effettiva inferiore al 50% di quello italiano e proventi rappresentati per oltre il 50% da passive income (dividendi, royalties, ecc.).
  • Nel contesto che si delinea dal 2019, invece, sono CFC le società (anche comunitarie):
  • il cui livello di tassazione effettiva è inferiore al 50% di quello italiano;

 

  • Ai fini del parametro della tassazione effettiva occorre considerare il 50% dell’aliquota Ires, attualmente pari al 24%.
  • La società estera si qualifica, quindi, come CFC se la tassazione effettiva scontata nel proprio Stato è inferiore al 12%.

 

  • i cui proventi sono costituiti per oltre 1/3 da passive income (redditi da interessi, dividendi, leasing finanziario, ecc.).
       
 

Resta fermo che, affinché operino le penalizzazioni fiscali contenute nell’art. 167 del Tuir, devono essere verificati entrambi i parametri della tassazione effettiva e del “peso” dei passive income.

 

Esempio

  • La controllata estera che, nel proprio Stato di residenza, ha tra i proventi solo royalties, ma sconta una tassazione effettiva del 15%, non rientra tra le CFC, in quanto è soddisfatto il requisito dei passive income, ma la tassazione effettiva è congrua.
  • La controllata estera che, nel proprio Stato di residenza, svolge un’attività industriale e sconta una tassazione effettiva pari al 5% (o al limite non è soggetta ad alcuna corporation tax), non rientra tra le CFC, in quanto, pur non essendo congruo il livello di tassazione effettiva, i proventi non hanno natura di passive income.
  • La controllata estera che, nel proprio Stato di residenza, consegue royalties per il 40% e proventi derivanti da altre prestazioni di servizi per il 60%, e che presenta un livello di tassazione effettiva pari al 10% rientra tra le CFC, poiché risultano soddisfatti entrambi i requisiti previsti dalla norma.

 

     

DISAPPLICAZIONE

DELLA

DISCIPLINA

 
  • Fino al 2018 la disciplina CFC poteva comunque essere disapplicata dimostrando, alternativamente, che:
  • la partecipata svolgeva un’attività economica effettiva;
  • dalle partecipazioni non conseguiva l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale.
  • Dal 2019 rimane, sostanzialmente, in vita la sola prima causa esimente, per cui è necessario dimostrare che la partecipata estera svolge un’attività economica effettiva con l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

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