Esterovestizione di società

Esterovestizione delle società: normativa e principali interpretazioni

agosto ’20

 

L'art. 73 TUIR introduce una presunzione legale relativa di localizzazione nel territorio dello Stato della sede dell'amministrazione delle società non residenti che detengono direttamente partecipazioni di controllo (art. 2359 c. 1 c.c.) in società di capitali ed enti commerciali residenti (art. 73 c. 1 lett. a, b TUIR), se:

La ragione della citata disposizione è quella di intensificare la lotta alle operazioni elusive, impedendo alle società di localizzare la propria residenza fiscale in Stati in cui è possibile sottrarsi all'imposizione fiscale.

Con riferimento a quanto sopra, occorre considerare che:

1) la “sede amministrativa”:

2) il controllo a cui fa riferimento la norma è quello disciplinato dall'art. 2359 c.c., in base al quale deve considerarsi tale:

La verifica della sussistenza del controllo deve essere effettuata alla data di chiusura dell'esercizio o del periodo di gestione del soggetto estero controllato. Per le persone fisiche è necessario considerare anche i voti spettanti ai familiari, ossia il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo (art. 5 c. 5 TUIR);

3) la residenza degli amministratori della società deve essere stabilita sulla base dei criteri previsti dall'art. 2 TUIR (Circ. AE 16 febbraio 2007 n. 11/E). Pertanto, devono considerarsi residenti in Italia le persone che, per la maggior parte del periodo d'imposta, sono iscritte all'anagrafe della popolazione residente o che hanno nel territorio dello Stato il proprio domicilio o la residenza.

La presunzione legale prevista dal citato art. 73 c. 5 bis è relativa e, pertanto, prevede l'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente. Per vincere la presunzione, il contribuente è tenuto a dimostrare che la direzione effettiva della società non è radicata in Italia ma all'estero (Circ. AE 4 agosto 2006 n. 28/E). In tal senso è necessario dimostrare che, nonostante i presupposti di applicabilità della norma, esistono elementi di fatto, situazioni o atti, idonei a dimostrare un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero. In caso contrario, il soggetto estero deve considerarsi fiscalmente residente nel territorio dello Stato e, pertanto, deve assoggettato a tassazione in Italia in applicazione del principio di tassazione su base mondiale.

A livello interpretativo, è stata riconosciuta la necessità di individuare la residenza delle società sulla base di elementi sostanziali quali (Cass. pen. 8 marzo 2000 n. 1156 e Cass. pen. 30 ottobre 2015 n. 43809):

In modo analogo è stata riconosciuta l'esistenza della sede di direzione effettiva in Italia nelle seguenti ipotesi (Cass. 7 febbraio 2013 n. 2869):

a) società (detentrice del 99,9% del capitale della società lussemburghese) stabilita in Italia;
b) residenza in Italia di due dei tre membri del consiglio di amministrazione;
c) “decisioni di rilievo” adottate in occasione di riunioni tenutesi in Italia.

Di particolare interesse sul tema sono le sentenze con riferimento al Gruppo “Dolce & Gabbana” (Cass. 21 dicembre 2018 n. 33234 e n. 33235). Il caso ha riguardato una società lussemburghese che aveva acquistato dai due stilisti italiani il diritto di uso in esclusiva dei marchi e li aveva concessi, dietro pagamento di royalties, alla società controllante residente nel territorio dello Stato.

Secondo l'AE, questo meccanismo era finalizzato esclusivamente a dedurre il costo nello Stato in cui il tax rate era più alto (ossia l'Italia) e a tassare i ricavi in quello dove la tassazione risultava più bassa (ossia in Lussemburgo). In particolare, la società lussemburghese doveva ritenersi residente in Italia proprio in quanto si presumeva che il centro decisionale della stessa fosse in Milano, presso la sede della controllante italiana. In tal senso, secondo l'Ufficio, nel paese estero non vi sarebbe stata una struttura amministrativa in grado di assumere decisioni autonomamente.

Richiamando i principi di diritto comunitario relativi alla “libertà di stabilimento”, la Corte di Cassazione ha riconosciuto le ragioni della società, evidenziando che non costituisce di per sé abuso del principio della libertà di stabilimento la circostanza che una società venga costituita in uno Stato membro per godere di una legislazione più vantaggiosa.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dare prevalenza non tanto alle ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienza fiscale, ma piuttosto alla necessità di verificare se il trasferimento vi fosse stato e se l'operazione fosse meramente artificiosa. A tale riguardo, secondo la Suprema Corte, il luogo dal quale partono direttive amministrative o gestionali non rappresenta automaticamente la sede amministrativa della controllata estera ai sensi dell'art. 73 TUIR.

Infine, ricordiamo che anche la c.d. stabile organizzazione in Italia di una società estera dovrebbe considerarsi idonea a configurare un caso di esterovestizione societaria (Cass. 16 marzo 2020 n. 10098).

Art. 73 c. 1 lett. a, b TUIR

Art. 2359 c. 1 c.c.